SPERANZA E IL LAVORO: SERVONO PIÙ’ DIRITTI, NON MENO
Le nubi si profilano minacciose all’orizzonte ed il percorso dell’attuale governo non sembra certamente in discesa, anzi. Sapevamo che prima o poi certi temi avrebbero posto problemi di “sopravvivenza”. Se qualcuno ha pensato che potesse essere sufficiente costruire un’alternativa, peraltro necessaria, al pensiero sovranista di Salviniana memoria, non ha fatto bene i conti.Esiste una realtà, frutto di politiche portate avanti nel recente passato, e queste ritornano prepotentemente a far capolino. Questa volta però, non si può ricorrere ad una mediazione, non esistono margini o alternative. I margini del dialogo nel merito di alcune grosse questioni, non sembrano esserci.Per capirci meglio, riteniamo indiscutibile l’affermazione fatta dal ministro Roberto Speranza quando dice che “Serve una profonda revisione del jobs act”. Meglio essere più precisi e sottolineare che questa frase non può che essere il titolo, la premessa di una rivisitazione delle condizioni e delle regole da mettere in pratica nel mondo del lavoro, e pure che questi non può ogni volta piegarsi ad altre esigenze che sono poi quelle dei mercati finanziari.L’intervista che il Ministro della Sanità ha rilasciato al Corriere non fa una piega. Tanto di cappello a chi ha avuto il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome sottolineando senza mezzi termini, “gli ERRORI commessi nel recente passato”. Ci permettiamo di essere ancora più precisi: non sono errori commessi sul mercato del lavoro, ma errori (quanto voluti?) che non hanno tenuto conto del soggetto principale che anima lo stesso mondo del lavoro: il lavoratore e la lavoratrice! Si deve partire prima di tutto da questa riflessione che non può prescindere dall’enunciazione di un postulato: si parla di diritti dei lavoratori, non declinabili alle leggi del mercato! Siamo comunque certi che Speranza abbia voluto richiamare l’attenzione sul mondo del lavoro in generale, ma questa sottolineatura è comunque necessaria, perché quando si dovrà affrontare l’intera problematica occorrerà riaffermare quali dovranno essere le vere PRIORITÀ’. Non è difficile capire, e quindi è inutile nascondersi dietro a un dito, che dentro la compagine governativa ci sono i RESPONSABILI di questi errori, che non non sembra affatto abbiano voglia di riflettere sulle nefandezze portate in dote con i noti interventi legislativi che portano il nome di JOBS ACT e ART 18.Renzi non cederà mai su questi punti ed il motivo è chiaro: la sua collocazione politica è più affine al mondo dell’imprenditoria, non certo a quello dei lavoratori.Un conto è prendere posizione (a torto o ragione in questo momento non ci riguarda) su “QUOTA 100”, e ben altra cosa è mettersi contro il mondo dell’imprenditoria, dell’industria e dei mercati finanziari.Il capitalismo è in affanno, ed ogni volta che si è trovato in queste condizioni ha cercato la via d’uscita d’emergenza che è poi quella di far pagare la crisi ai lavoratori. Il principio è quello di fare il possibile per rientrare da eventuali mancati profitti: risparmiare sulla manodopera è la miglior scorciatoia. Per fare questo è logico che si pensi a tutte quelle risoluzioni che lascino mano libera dal vincolo dei licenziamenti.Ha ragione Speranza quando dice che per far ripartire l’Italia servono più diritti, ma si dimentica di aggiungere che il diritto primario, imprescindibile e irrinunciabile, è quello del diritto al LAVORO!Logico quindi che, se si parla di diritti si debba mettere in conto la piena occupazione e soprattutto la creazione delle condizioni che possano incentivare il mondo dell’imprenditoria a impegnarsi in tal senso. Il lavoro non piove dal cielo, non dimentichiamolo; RICERCA E INNOVAZIONE sono tra i primi punti da sviluppare. Ricordiamo ancora “quell’antica proposta” che puntava sulla creazione di un WELFARE DELLE OPPORTUNITÀ’ (D’Alema, ndr.). Che fine ha fatto? Riconversione produttiva, formazione permanente, ricerca… Sono tutti elementi che vanno uniti come anelli della stessa catena.Ci auguriamo che il Governo riesca a puntare sui contenuti e sulla ricerca di nuove opportunità. Non si può rimanere ancorati alla dicotomia tra lavoro e profitto; con il necessario ruolo di primo attore del mercato, e tra le necessità non sia mai dimenticata quella che parla di LAVORO PER TUTTI.
