BRUNO GIORDANO, LA VITA SULLE MONTAGNE RUSSE DEL FIGLIO DI TRASTEVERE

BRUNO GIORDANO, LA VITA SULLE MONTAGNE RUSSE DEL FIGLIO DI TRASTEVERE

NON avrei mai scritto un libro su un calciatore se non avessi trovato alcune cose che mi accumunavano a Bruno Giordano: Trastevere, la stessa scuola elementare, i luoghi, le piazze dove avevamo giocato a pallone, il Fontanone del Gianicolo e il barcone del Ciriola sul Tevere dove avevamo fatto il bagno, l’oratorio della parrocchia che ci ha tolto dalla strada e ci ha indirizzato verso la via dell’onestà e del bene. In un’epoca, soprattutto la sua, dove la droga si portava via tanti ragazzi. Bruno è più esattamente un figlio di Trastevere. Chi vede la Trastevere di oggi trasformata in un ‘mangificio’, in una sorta di movida permanente, non può capire che cosa era questo straordinario quartiere quando ero ragazzo io e quando lo era Bruno. E poi Bruno ed io siamo due dei tanti figli di Trastevere “che hanno passato ponte”, che si sono fatti onore in campi diversi, come Alberto Sordi, come Claudio Villa. Insomma mi sono reso conto che raccontando la sua Roma e la sua Trastevere raccontavo anche la mia Roma e la mia Trastevere. E quindi la prima persona mi è venuta spontanea. Nella introduzione al libro ho citato Flaubert che disse “Madame Bovary c’est moi!”, e io sono stato Bruno Giordano durante la stesura del libro. Lo sono stato mettendo a sua disposizione la mia sensibilità, la mia capacità narrativa e anche la mia cultura. Di Bruno ho raccontato le gioie e i trionfi ma anche i grandi dolori che hanno segnato la sua carriera e la sua vita, “Una vita sulle montagne russe”, così si intitola il libro. Tra le discese vertiginose, ce ne sono due che Bruno non ha superato e che non riuscirà a superare per il resto della sua vita: sono gli otto giorni a Regina Coeli e la morte della mamma, la sua prima tifosa, proprio alla vigilia del suo trionfo a Napoli. La rabbia per essere incarcerato innocente, lo divora sempre, la sola colpa che lui ammette è quella di essersi girato dall’altra parte, pensando “tu sei una persona onesta, fai il tuo dovere e quindi la cosa non ti riguarda. Tu sei l’ultimo arrivato, hai un avvenire glorioso davanti a te, pensa alla tua carriera”. Giordano fu il precursore del centravanti moderno. Potente ma allo stesso tempo elegante, fisico e al contempo di tocco raffinato, egoista ma capace di dialogare con l’intera squadra, non facilmente paragonabile a giocatori attuali, che non posseggono la sua tecnica sopraffina. Maradona disse di lui che era il più sudamericano di tutti i giocatori italiani. Crujiff, che fu il suo modello, rimase stupito dei numeri del giovane Giordano. Aveva conquistato la Nazionale, quando si abbatté su di lui la storia del calcio scommesse. Era uno dei giocatori più pagati, i club più prestigiosi se lo disputavano. Il Milan stava preparando un trio di attacco con Giordano al centro e accanto due campioni come Falcao e Zico. Bearzot alla vigilia dell’Europeo disse: “Che squadra faccio senza due giovani campioni come Giordano e Rossi”. Se non ci fosse stata la pesantissima squalifica, Giordano avrebbe giocato il Mondiale del 1982 e sarebbe stato campione del mondo.