L’IRAN, ATTACCANDO LE BASI USA, HA SCELTO LA VIA PRAGMATICA
Da almeno tre giorni l’intelligence militare americana aveva registrato l’attività dei reparti missilistici iraniani. Lo aveva anche rivelato ai media rimanendo sul vago sullo scopo, difensivo o offensivo. Hanno continuato a tracciare le mosse attraverso il DEFSMAC, il centro di Fort Meade, nel Maryland. L’allarme è cresciuto progressivamente, con una previsione di uno strike ravvicinato. E annunciato.L’avviso a BagdadPoco dopo le 00.30 il premier iracheno Adel Abdul Mahdi è stato avvisato da Teheran sull’azione imminente, segnalazione subito girata ad alleati e Stati con contingenti in Iraq. I giornali hanno citato Lituania e Finlandia – che hanno mandato i loro soldati nei bunker – ma sembra che anche il Pentagono abbia ricevuto la conferma di quanta stava per accedere. Alle 1.20-1.30 è iniziato il bombardamento contro le basi statunitensi di al Asad e Harir, zona di Erbil, nel Kurdistan iracheno. L’orario scelto non è stato casuale: è lo stesso di quando è stato ucciso Qasem Soleimani. I pasdaran hanno sparato da tre punti diversi un buon numero di missili con salve di 4-5 ordigni ogni cinque minuti. Ventidue secondo gli iracheni, 15 nel conteggio americano. Quattro sono finiti distanti dai target. Gli artiglieri avrebbero usato ordigni a i Qaim 1 e i Fateh, armi con raggio d’azione tra i 500 e gli 800 chilometri, trasportati da lanciatori mobili. Alle 2.15 tutto è finito. Nessuna attività apparente di sistemi anti-missile ad al Asad, in quanto non sarebbe presente alcuna batteria Thaad o Patriot.Bollettini di vittoriaQualche ora dopo da Teheran hanno diffuso comunicati roboanti sostenendo di aver centrato 35 punti e di aver provocato 80 morti. Circostanza negata tanto da Bagdad che da Washington. Inizialmente ambienti dell’amministrazione hanno lasciato trapelare che gli avversari avevano cercato, per quanto possibile, di evitare di fare vittime. Interpretazione capovolta dal capo di Stato Maggiore Milley: hanno cercato di uccidere. Foto satellitari hanno mostrato dei danni, non estesi ma anche tiri ritenuti – dagli osservatori – piuttosto precisi. L’ayatollah Khamenei, suprema Guida della Repubblica islamica, ha parlato di schiaffo in faccia all’America. Ma nella sostanza ha scelto una risposta di facciata nell’intento di prevenire uno scontro di più ampia portata. Trump aveva promesso un contrattacco devastante e dicono che fosse pronto a scatenarlo dopo le news del bombardamento. Il suo primo commento, però, è stato un “tutto bene”. Gli spotter che seguono i voli via web hanno dal canto loro annotato la partenza da Bagdad per Ramstein (Germania) di un C17 statunitense impiegato per l’evacuazione di feriti. Impossibile dire se vi sia un legame.PragmatismoL’Iran, dunque, ha scelto la via pragmatica. Avrebbe potuto tentare colpi clamorosi e sanguinosi, ma aveva tutto da perdere. Per questo ha preparato il terreno segnalando nei giorni scorsi che si sarebbe affidato ad una reazione militare contro siti militari condotta dai suoi reparti. Anche questo secondo aspetto era per circoscrivere il duello: un coinvolgimento delle milizie amiche poteva (e può) avere effetti indesiderati. La Divisione Qods, quella diretta da Soleimani, si serve di loro quando ne ha bisogno, però nell’attuale situazione ha preferito una responsabilità più diretta. Anche per dimostrare di avere capacità. Indiscrezioni hanno poi aggiunto la possibilità che i due nemici si siano scambiati messaggi attraverso canali riservati, quasi a concordare una «via d’uscita».Gli schieramentiNessuno però si fida, la miccia non è spenta. La Casa Bianca intende mantenere l’ormai nota massima pressione e si affida ad altre sanzioni, però ha concentrato risorse belliche che permettono molte opzioni. Secondo valutazioni concordanti il Pentagono sta concentrando un apparato di 55-65 mila uomini. Schieramento composto dai contingenti sparpagliati nella corona di basi in Medio Oriente e dai rinforzi mobilitati dopo il blitz. La portaerei Truman è in zona, sei bombardieri strategici B 52 sono stati riposizionati nell’isola di Diego Garcia, avamposto nell’Oceano Indiano protagonista di tante operazioni. Navi d’assalto anfibio con i Marines del 26esimo Meu sono nel basso Mediterraneo e potrebbero dirigersi verso Oriente. Cipro ha accolto un team di risposta rapida statunitense nel caso sia necessario evacuare diplomatici, civili da aree a rischio. Poi caccia e unità terrestri in attesa dalla Gran Bretagna all’Italia (Aviano, Sigonella) e quelle in Germania. Occhi bene aperti in Arabia Saudita ed Emirati, rivali dei mullah e molto vicini al fuoco, piuttosto esposti anche per recenti minacce. Quindi Israele. Il premier Netanyahu, che aveva appena ordinato ai suoi ministri di mantenere profilo basso, ha avvisato il nemico: risposta devastante in caso di attacco.Il bilancioIl presidente statunitense ha incassato un punto di deterrenza ed ha liquidato una mente strategica quale era Soleimani. Messaggio pesante che gli ha dato persino la possibilità di evocare un negoziato. Non è neppure da escludere che il candidato The Donald abbia deciso per l’omicidio mirato non solo per le recenti provocazioni innescate dal generale ma perché temeva qualcosa durante la campagna elettorale. Il dossier Iran ha pesato spesso nella corsa presidenziale americana. Bisogna ragionare per fasi e il futuro resta incerto. Teheran ha le sue carte, i guerriglieri amici, le manovre più coperte nelle quale eccelle e potrebbe avere un nuovo interprete nel successore di Soleimani, Ismal Ghaani. Ed è convinta che prima o poi gli Stati Uniti se ne andranno dall’Iraq.Il targetNello scacchiere la diplomazia esplorerà eventuali spazi mentre le parti si scambieranno segnali d’ammonimento e gesti propagandistici. Il sito Defence One ha pubblicato la foto satellitare che mostra una grande struttura galleggiante che riproduce la sagoma di una portaerei statunitense all’ancora a Bandar Abbas. I pasdaran l’hanno già distrutta parzialmente durante la simulazione di un attacco, possibile che lo rifacciano in primavera. I cinesi hanno qualcosa di simile. C’è chi è convinto che la salva di missili non abbia rappresentato la vendetta definitiva e si aspetta sorprese nei prossimi giorni.
