BUONGIORNO UN CORNO!, MARTEDI’ 21, IL VIRUS DELLE MUTANDE …

Ci siete rimasti male, confessatelo, voi che vi piace la galera a prescindere per tutti, per l’assoluzione dei cosiddetti “Furbetti del cartellino”. Sentenza choc, ha titolato qualche giornale. “Clamorosa decisione del giudice”, titola qualcun altro. Ma clamorosa perché ha assolto gli imputati anche se era giusto farlo? Lo choc semmai è per l’ennesima dimostrazione dell’imbecillità di chi pubblica ogni sospiro delle inchieste della magistratura come se l’inchiesta in corso fosse la sentenza e non l’ipotesi. “Il fatto non sussiste”, recita la sentenza per dieci degli imputati. A simboleggiare quell’inchiesta fu la foto, fornita ai giornali dagli organi investigativi, del vigile urbano che timbrava il cartellino in mutande. “Quell’uomo era il custode del mercato, in cambio aveva casa all’interno della struttura e alle 5,30 andava ad aprire, senza dover timbrare il cartellino. Alle 6 prendeva poi servizio come vigile, la disposizione interna dice che tutti i vigili urbani timbrano in borghese e poi mettono la divisa. La timbratrice è a 10 metri dalla porta di casa quindi lui timbrava normalmente in borghese e poi indossava la divisa”. L’uomo ha pianto alla sentenza e adesso spera di essere reintegrato nel lavoro che aveva perso. Sono passati 4 anni intanto. Per fortuna non trascorsi in galera, ma con un danno economico e morale di enorme portata. Perché voi ve lo siete dimenticato il giorno dopo la pubblicazione della foto e le risate che avete fatto con i colleghi d’ufficio guardando quell’immagine, ma lui si è ritrovato davvero in mutande per 4 anni, senza avere di che vivere e giudicato dal tribunale senza pietà dell’opinione pubblica, aizzata da chi pubblica notizie senza un minimo di dubbio o senso critico. Tanto non cambierà questa abitudine della stampa italiana che, alla faccia dell’indipendenza, ha spostato le sue redazioni nelle Procure. Ve lo ricordate Renzi, all’epoca premier che disse “Questa gente è da licenziare”? No, non ve lo ricordate, perché le notizie che bruciano un’intera vita umana si consumano in poche ore. In mutande il vigile, in mutande la giustizia, in mutande l’informazione. Ricominciamo col virus e parliamo ancora d’informazione. Il problema c’è ma bisogna comprenderne l’entità, forse spararlo in prima pagina prima che ne siano definite le esatte proporzioni non è il sistema più corretto. 4 morti, 1700 contagiati, una persona in isolamento, la trasmissione da persona a persona che crea allarme. Si chiama “coronavirus”, qualcuno la chiama anche “la nuova Sars” o “Polmonite cinese”: l’allerta è massima per evitarne la diffusione. Epicentro la città di Wuhanin in Cina, l’origine sembra essere stata individuata in un mercato del pesce. Il virus ha colpito in Australia e questo fa temere che possa diffondersi nel mondo. Siamo in piena epidemia influenzale e possiamo immaginare, visto che alcuni sintomi indicati sui giornali sono febbre, tosse, fastidio al torace, asma e difficoltà respiratorie, l’effetto domino che la notizia avrà su chi si presenterà al pronto soccorso vicino casa. Per fare opera di servizio diciamo anche che è possibile alleviare i sintomi e il corso della malattia con farmaci antiinfiammatori e con l’idratazione, ma non ci sono farmaci antivirali specifici per il virus. L’unico rimedio per contenere l’infezione è isolare i portatori. “Non possiamo escludere la possibilità che il virus possa arrivare in Europa e in Italia”, dice l’Istituto Superiore di Sanità, che fa il suo lavoro perché risponde alle domande che gli vengono fatte.Ma chi ha fatto la domanda sa di non poter escludere che arrivi anche in Siria, in Yemen e dovunque. Se spari questa cosa in prima pagina in questo modo rischi, a mio modesto avviso, di creare un allarme superiore al pericolo reale. Evitare i viaggi non indispensabili è giusto, ma bisogna anche sapere che negli aeroporti come Fiumicino è in vigore una procedura sanitaria per verificare l’eventuale presenza a bordo degli aerei provenienti da Wuhan di casi sospetti sintomatici e il loro eventuale trasferimento in bio-contenimento all’Istituto Spallanzani. L’informazione ha un ruolo cruciale nelle nostre vite nel bene e nel male. Facciamo in questo caso che sia nel bene, prima di provocare il panico. Le macchine sì, le sigarette no. Potete dare una bella sgasata di diesel e fare contento l’erario e le case automobilistiche, nessuno si azzarda a proporre la fine di queste emissioni tossiche, però il sindaco di Milano Sala ha proposto il divieto di fumo alle fermate degli autobus o in luoghi esercenti servizi comunali, e anche allo stadio. La salute viene prima di tutto, siamo d’accordo, poi però il problema diventa quello dei mozziconi per terra, insomma decidetevi, noi fumatori ubbidiremo alla legge, ma possiamo ancora esercitare il diritto di critica. Tranne qualche raro caso da ricovero non conosco fumatori che abbiano piacere a provocare danni alla salute di altri da se stessi. Quando però esce uno studio secondo cui una sigaretta inquina più di un diesel perdo la pazienza. Il fumo è dannoso per chi fuma e per chi gli sta intorno, e questa è informazione, dire che una sigaretta inquina l’aria 10 volte più di un auto diesel e 3 più di un tir, come è stato scritto in questi giorni citando uno studio del 2016, è terrorismo puro, significa non capire o far finta di non capire il livello manipolatorio delle industrie delle auto che sta dietro queste false informazioni. Infatti nessun amministratore si sogna di proporre lo stop definitivo alle auto ad alimentazione dipendente dal petrolio nel perimetro urbano, rimedio che sarebbe sacrosanto, insieme al divieto di fumo in pubblico, per ridurre l’inquinamento e non fare le figure da stuntman della politica che fanno quei sindaci come la Raggi che dopo 4 giorni di blocco delle auto Euro 6, blocco verificato da vigili a bordo di macchine Euro 3, vedono aumentare anziché ridurre le emissioni inquinanti. Colpevolizzati sì, coglioni no. Ieri in Virginia a Richmond migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro il pacchetto di provvedimenti proposto dall’assemblea statale a maggioranza democratica per aumentare i controlli sulle armi. Molti attivisti indossavano tute mimetiche o vestiti da caccia, molti slogan a favore di Donald Trump. Le nuove misure prevedono controlli sui precedenti di chi compra armi, una legge sui segnali d’allarme, il bando sulle armi d’assalto e il limite di una pistola al mese da acquistare. Quindi non vieta di possedere e di conseguenza usare armi, badate bene, ne limita, cerca di limitare, la circolazione senza scontentare l’industria che le produce. Quando parliamo degli Usa davvero non ci rendiamo conto di che cosa parliamo. Alla protesta erano presenti, con il mitra a tracolla, gruppi estremisti provenienti anche da altri Stati per sostenere gli attivisti del Virginia Citizen Defense League. Le nuove misure dello Stato della Virginia sono state prese dopo la sparatoria del maggio scorso a Virginia Beach, in cui un impiegato comunale uccise 12 persone in un edificio pubblico. Evidentemente non è bastato. Per fare una strage basta un’arma e questa legge consente di comprarne una al mese, fate voi i conti. Negli Usa ci sono 88 armi ogni 100 persone ma il 78% della popolazione non possiede un’arma. Le stragi si contano a decine eppure questo non ferma la corsa alle armi. Altri conti da fare. Perché si sbaglia a pensare che il problema si possa risolvere parlando soltanto delle armi. La politica, anche in questo caso, ha spostato la propria incapacità a garantire la sicurezza personale dei cittadini sui cittadini stessi, rendendoli vulnerabili al fascino di usare da soli la violenza. Non so se questo vi ricorda un dibattito che sta rendendo incivile anche un Paese che comincia per I e fnisce per talia.