NAPOLI CALCIO, QUANTE CONTRADDIZIONI, E QUANTI ERRORI MAI AMMESSI E/O ANALIZZATI
Che sia un’annata storta non lo dice solo la partita di ieri persa in casa con il Lecce che, con il dovuto rispetto, non ha il potenziale del Napoli, lo dicono tutte le decisioni, le contraddizioni di una società che si è persa a causa di errori che si sono fatti nel corso degli ultimi due anni. Nessuno mette in dubbio e disconosce quanto abbia fatto il presidente De Laurentiis da quando prese il Napoli ma gli errori si riferiscono a momenti topici, quei momenti che decidono e che hanno deciso il futuro della società impedendo di conseguenza il salto di qualità che i diretti interessati giustificano con quello che è diventato ormai un alibi: il fatturato. Questo è accaduto con Mazzarri, Benitez, Sarri che con qualche ritocco avrebbero potuto completare il ciclo portando a casa qualche vittoria, quel terzo scudetto tanto sospirato, ma è proprio lì che “casca l’asino”, nessuno dei tre ha potuto completare il lavoro iniziato. Ma ammesso che il motivo sia proprio il fatturato cosa ha fatto la società per farlo aumentare? Di solito questo dipende dalla bontà del prodotto, se non produce abbastanza la prima cosa da fare è migliorarlo e per fare ciò si investe prima di tutto, e dove sono questi investimenti se, per fare un esempio, la squadra non ha un proprio centro sportivo, una sede sociale, si parla di stadio ormai da anni ma non si arriva mai a definire la questione. Gli stadi di Milano e di Torino fanno quasi sempre il pieno, il San Paolo, un tempo 50.000 spettatori in serie C, sempre più vuoto e non sarà di certo solo e sempre colpa degli altri. Per fare qualche nome, Benitez da buon manager qual è, tutti ci ricordiamo che quel che ha fatto poi Sarri è frutto dei calciatori che lui ha portato a Napoli, propose uno stadio di proprietà, un centro sportivo proprio, il potenziamento del settore giovanile e quale fu il risultato? Le squadre minori del Napoli non risultano brillanti, anzi. Il centro sportivo era Castelvolturno ed è rimasto tale. Lo stadio è sempre il San Paolo, per fortuna rinnovato grazie alle Universiadi e non certo per merito ed intervento della SSC Napoli. E poi la gestione del patrimonio tecnico, anche quella è discutibile, una gestione che guarda non ai risultati sul campo ma alle plusvalenze, lo dimostra l’atteggiamento della società con i rinnovi dei giocatori, rimandato di giorno in giorno. Non si capisce, per esempio con quale criterio si esclude subito una trattativa per Callejon, sempre titolare, anche con il tanto decantato Ancelotti. E Mertens? Idolatrato dal pubblico e riconosciuto dalla critica come un ottimo elemento, un trascinatore, attaccato alla città ed alla maglia, cose essenziali che il presidente va predicando e che richiede per chi ama il Napoli, omettendo però di dire che questi lo dovrebbero fare strettamente alle sue condizioni, diversamente sono dei mercenari liberi di andare a “fare le marchette” altrove. Ora sarebbe il momento di resettare tutto e ricominciare seriamente, la rivoluzione così come è stata anticipata non serve a niente buttando via il “bambino con l’acqua sporca”, è una pratica che non rende. Per ricostruire bisogna cominciare dalle basi e le basi sono i primis i rinnovi di calciatori che sono diventati un simbolo per la squadra in questi anni che hanno preso il posto di tutti quei leader di cui la società si è disfatto a partire da Pepe Reina, passando per Hamsik e Albiol che avevano un peso dentro e fuori del campo, forse che la loro leadership oscurava quella di qualcuno che deve essere sempre la “prima donna” e che non ammette altre figure carismatiche, certamente con almeno uno dei tre enunciati presenti nel fattaccio di novembre, il rifiuto di andare in ritiro, le cose si sarebbero messe diversamente. Assicurarsi i servigi di un DS competente e carismatico, un uomo immagine di prestigio, ex Napoli liquidando tutti quei personaggi che poco sanno del mondo del calcio e della gestione di questo sport. Più presenza della società in Lega per quanto succede in campo e fuori verso il Napoli, la proprietà deve essere in prima linea e non solo per pavoneggiarsi delle lodi per il bel gioco della squadra, come accadeva tempo fa, ora completamente scomparsi, questo la squadra lo vede e ne soffre. Infine, la campagna acquisti non dovrebbe essere fatta per coprire cessioni errate o non gradite, così come la scelta della gestione dell’area tecnica, come è accaduto per la chiamata di Ancelotti, deve essere gestita da competenti che sanno cosa serve alla squadra e non dai soliti che confondono campagna acquisti con campagna elettorale. La squadra in questi anni è cresciuta tante volte, la società mai, questo il pubblico lo ha capito e di conseguenza non gradisce più il “prodotto” al quale deve poi conseguire il fatturato, norme elementari di marketing.
