IL CALCIO AI TEMPI DEL CORONA: FIORENTINA-MILAN E NON SOLO

Come da titolo: la partita di ieri sera tra Fiorentina e Milan sarà probabilmente ricordata come l’ultima “normale”, cioè con i tifosi ospiti tranquillamente in trasferta e uno stadio ragionevolmente pieno. Da qui in poi inizia un viaggio nell’ignoto: partite a porte chiuse per le squadre delle zone coinvolte? O magari in campo neutro? Potrebbe essere un’idea, a patto di trovare un posto che si possa definire “campo neutro” … L’impressione è che ci si dovrà adattare all’idea di convivere con lo sgradito ospite, perché l’alternativa sarebbe di paralizzare completamente un paese per un annetto (a essere ottimisti), roba forse praticabile in qualche regime totalitario ma difficilmente dalle nostre parti. E poi togli il cinema (ci sono surrogati in abbondanza), togli il teatro (roba di nicchia ormai), togli i concerti e i locali da ballo (si rimedierà con le vecchie feste in casa con preventivo “tampone” sul pianerottolo), ma se poi agli italiani levi anche le partite, almeno in tv, si rischia un’epidemia parallela: quella della depressione. E se per i tifosi di squadre tipo la Fiorentina è la normalità, tranne brevi e rare parentesi, per uno juventino non avere la terapia delle una o due vittorie settimanali potrebbe essere fatale. Chi vivrà vedrà. Ok, visto l’argomento forse non proprio la frase giusta da usare, però forse meglio provare a cercare di restare leggeri e non farsi prendere totalmente dalla psicosi (anche se è difficile visto il martellamento mediatico) provando a vivere come una settimana fa, sapendo che si è aggiunta solo un’altra variabile, modesta in fondo a livello percentuale, tra le mille che possono farci secchi ogni giorno. E allora torniamo alla partita di ieri sera: un pareggio 1-1 tra due squadre imperfette che avevano obbiettivi diversi all’inizio della stagione ma che poi si sono trovate più o meno nella stessa situazione, dovendo cambiare allenatore in corsa,e adesso, faticosamente, cercano di darsi un obbiettivo per arrivare a giugno. Ieri sera chi ha fatto la figura migliore è sicuramente il Milan: certo non scintillante la prova dei ragazzi di Pioli, però la squadra che ha fatto la partita è stata decisamente quella rossonera. Certo poi quando si va a fare il “conto della serva” le occasioni veramente pericolose hanno visto protagonista un solo personaggio: Zlatan Ibrahimović da Malmö. D’accordo, il gol lo ha fatto Ante Rebić da Spalato (visto il momento in stile medioevo si può andare con i titoli alla “Brancaleone”) ma su gentile concessione della difesa viola e grazie anche ad una deviazione che conferma il suo momento da “Re Mida” del pallone (tutto ciò che tocca va in porta), però il resto è passato tutto dai piedi del ragazzone con il 21 sulle spalle. Gioca per buona parte della partita quasi da fermo il sapiente Zlatan, però poi quando è il momento mette in azione il fisicone e allora non c’è forza competente a fermarlo anche se ormai ci sono i 40 vicini. Vedere l’azione del gol poi annullato nel primo tempo: una specie di trattore che ha spianato la difesa viola che invano provava a farci qualcosa in ogni modo. Forse non proprio una notizia eccezionale questa per il Milan, però è una cosa che condivide con la Fiorentina: anche nella squadra viola, finché non è stato triturato, Ribery era l’ago della bilancia per la prestazione della squadra. Se lui girava tutto veniva di conseguenza. Sarà colpa delle due squadre sicuramente non eccezionali, certo, ma molto dipende da quei due: giocatori veramente di un altro livello. Quelli per cui la parola “campione” non è sciupata come succede invece nella quasi totalità dei casi sui giornali, sportivi e non. E non è escluso che l’idea del grande ritorno di Ibrahimović sia venuta ai dirigenti rossoneri dopo aver visto Ribery, anzi “Franck Henry Pierre Ribéry da Boulogne-sur-Mer” (e qui si va proprio nell’epico…), dare spettacolo a San Siro costringendo i tifosi milanisti ad alzarsi in piedi alla sua uscita dal campo. Insomma, alla fine la carta d’identità sicuramente pesa, però fino a che le gambe ancora un minimo li sorreggono, questi sono proprio un’altra categoria. Almeno per il nostro calcio. Ma si accennava al gol annullato: ieri sera star della serata la Var, non c’è dubbio. Che sia necessaria ormai non c’è neanche bisogno di ripeterlo: senza sarebbe come tornare nel medioevo (e dai), ma per un periodo gli arbitri sono andati al monitor a bordo campo con grande parsimonia, come se il farlo fosse una “deminutio” pubblica. Certo, è vero che se non ti accorgi dal vivo che Ibra aveva toccato la palla con il braccio nell’occasione del gol, e che Dalbert andava espulso per il suo fallo sullo stesso ibra nel secondo tempo, vuol dire che non sei stato proprio perfetto. Però diamine, ormai c’è questa specie di “servosterzo” per la classe arbitrale perché non usarlo sempre? Vogliamo tornare ai tempi in cui per fare un parcheggio servivano i bicipiti di Tyson? Quindi complimenti a Calvarese per essere andato ripetutamente al monitor. Certo i tifosi milanisti a questo punto avrebbero da obbiettare sulla questione rigore per la Fiorentina per il fallo su Cutrone: generoso, molto, non c’è dubbio. Però lì è una questione di forza nel contatto, e quella la giudichi dal vivo. A Calvarese è sembrata sufficiente a concedere il penalty e dunque la passeggiata al monitor non avrebbe cambiato la decisione. Poi tutto è perfettibile, siamo d’accordo, però rimpiangere i “bei tempi andati” quando si giocava senza il video fa veramente ridere. E’ come rimpiangere quando si viveva senza vaccini. Per vivere si viveva è vero, il problema è quanto… In tutto questo però bisogna anche parlare della Fiorentina di Beppe Iachini: sì, la sua, fortemente la sua! Il punto esclamativo non è di troppo: la squadra viola adesso è l’incarnazione del suo allenatore. Uno che ieri sera ha cominciato a mulinare le braccia verso i suoi giocatori prima del fischio d’avvio (non per modo di dire, sul serio, controllare le immagini e verificare), una spremuta di grinta e voglia di lottare. Certo poi il gioco, spesso, è quello che è: forse non proprio “l’armata Brancaleone” a cui si accennava prima, però neanche un piacere per gli occhi. L’idea è di battersi da leoni in ogni zona del campo, e fino a lì ci siamo, però poi quando si ha la palla tra i piedi le idee latitano. Ci si affida più che altro alle illuminazioni di Castrovili, ieri in serata così così, e alle accelerazioni di Chiesa, che però in versione più accentrata ha meno agio nel liberare la sua corsa. E quindi si fatica tremendamente a costruire azioni degne di questo nome. Certo poi quando ci sono le situazioni disperate, come ieri sera sotto di un gol e con un uomo in meno, tutto cambia. La squadra tira fuori i denti da vampiro e azzanna l’avversario guidata dal piccolo uomo col cappello che sbraita alzando il pugno chiuso e guidando l’armata “alla pugna e alla conquista di Aurocastro”, come avrebbe appunto detto Brancaleone da Norcia. Per quest’anno i tifosi viola si accontentano e sono felici di avere uno di loro seduto (pochissimo!) in panchina. L’anno prossimo in teoria ci dovrebbe essere qualcosa di più raffinato, in campo e in cabina di regia, però attenzione: Rocco ogni fine partita non manca di sottolineare quanto gli piaccia la grinta che ha la squadra da quando è arrivato Iachini a guidarla. E dato che le decisioni alla fine le prende lui sarebbe una sorpresa, ma solo fino a un certo punto, vedere ancora quel cappellino a bordo campo per la prima di campionato l’agosto prossimo. In campo neutro, a porte chiuse, o chissà dove, però sempre sbraitando e spingendo i suoi prodi contro tutti e tutto. Anche contro gli agenti patogeni se ce ne fosse bisogno.