FINALMENTE: THE EMMETT TILL ANTILINCHING ACT!

FINALMENTE: THE EMMETT TILL ANTILINCHING ACT!

Accade anche ai più smaliziati di restare sorpresi, quando pensi che le brutture della vita le hai viste ormai tutte. Rileggo il giornale, guardo la data, penso che sto leggendo una copia del 1879 e invece c’è poco da fare, la data è quella di oggi, 28 febbraio 2020, e la notizia riportata è che il Senato e la Camera Usa hanno dichiarato reato federale il linciaggio, ma ancora non è applicabile, perché per renderlo davvero un reato punibile manca la firma del presidente Donald Trump. Immagino che come me pensavate che fosse già reato, come è possibile che il linciaggio non lo sia?, scopro invece che ci sono voluti 140 anni e molti tentativi falliti per arrivare a questo risultato. Ho sempre guardato agli Usa con sentimento duplice, molti miei parenti “terroni” hanno trovato là il benessere che non c’era, non c’è nemmeno oggi, nel Molise da cui proviene la mia famiglia. Un approdo dunque, ma dove il prezzo da pagare per vivere è molto alto. L’idea del “sogno americano”, dei “liberatori”, ci ha a lungo impedito di guardare a quella federazione di stati per quello che è, un coacervo di contraddizioni talvolta antisociali e disumane che ci sono apparse chiare soltanto con l’elezione di Trump a presidente. Esportazioni di democrazia a parte naturalmente, come ben sanno coreani, vietnamiti, iracheni, afgani e molti altri popoli della terra. Solo con l’elezione di Trump però il contadino del Wisconsin è diventato protagonista delle immagini a cui associamo di solito gli Usa: New York, la California, Washington, la beat generation, le grandi marce antirazziste di Luther King, il movimento contro la guerra in Vietnam, Abbie Hoffman, la controcultura, potremmo continuare. Alla fine però dobbiamo ammettere che anche chi è sempre stato critico verso l’equazione Usa = Democrazia ha comunque sopravvalutato la capacità della società statunitense di vaccinarsi contro il razzismo e l’ingiustizia palese. L’esempio viene proprio dai circa 200, sì duecento, tentativi falliti delle Camere statunitensi di approvare una legge contro il linciaggio. La legge adesso c’è e si chiama “The Emmett Till Antilynching Act”, in onore a Emmett Till, un ragazzo afro-.americano di 14 anni linciato per odio razziale nel 1955 in Mississippi, dove si era recato dalla sua città, Chicago, a trovare i suoi parenti. Secondo le stime portate in aula dalla senatrice democratica Kamala Harris, tenace e principale sostenitrice della legge approvata, tra il 1882 e il 1968 negli Usa si sono consumati 5 mila linciaggi, nella maggior parte dei casi con vittime persone di colore e nel 99% dei casi i responsabili non hanno avuto alcuna conseguenza penale. Stavolta non dovrebbero esserci ostacoli alla firma finale del Presidente, e subito dopo tutte le violenze o le uccisioni compiute da due o più individui per motivi razziali, etnici e religiosi saranno puniti con pene fino all’ergastolo. Il provvedimento riguarda anche i linciaggi perpetrati sulla base di discriminazioni di genere, orientamenti sessuali, disabilità. Come dicevamo sopra le vittime di colore sono la maggior parte ma non sono comunque le sole. C’è un capitolo che riguarda in particolare gli immigrati italiani, e che è conosciuto come la strage di New Orleans. Era il 14 marzo del 1891 quando undici italiani di origine siciliana furono linciati dalla folla inferocita nella città della Louisiana. Erano stati accusati con prove palesemente false di aver ucciso un americano, ma nonostante questo 8 degli 11 arrestati vennero assolti. Furono però trattenuti in carcere e nel frattempo una folla, che alcune cronache dell’epoca valutano in 3 mila persone altre addirittura in 20 mila, si radunò sotto la prigione. Due dei nostri connazionali furono impiccati e altri nove uccisi a colpi di fucile. Soltanto nel 2019, 128 anni dopo, l’amministrazione comunale di New Orleans fece le sue scuse ufficiali alla comunità di origine italiana. Negli anni della Guerra Fredda, mentre continuavano le azioni del Ku Klux Klan contro i neri e le minoranze, l’Fbi si preoccupò più di possibili connessioni comuniste tra i gruppi nati per contrastare le azioni di linciaggio che dei linciaggi stessi. Una vittima di questo accanimento fu Albert Einstein, che venne fatto passare per comunista soltanto per aver aderito all’American Crusade Against Lynching. Finché a capo dell’Fbi restò John Edgar Hoover, noto per l’ostilità contro i movimenti per i diritti civili e i suoi attivisti, gli organi di governo degli Stati Uniti non esercitarono alcuna operazione di repressione verso i linciaggi.