TU SEI ME

Lei era albofila. Ma non amante del momento in cui i raggi del sole sottolineavano la vittoria del giorno sulla notte. Lei adorava l’incedere dell’ alba. Quella silente marcia trionfale che nessuno può impedire. Quel buio che ha il germe della luce. Quella pace che è preludio del risveglio del mondo . Quella natura che attende il bacio del sole come amante fremente perché sa che sarà viva solo dentro quell’abbraccio. Il freddo le impediva la sua passeggiata in giardino. Presto la zagara dei bergamotti avrebbe sostituito la brina del generale inverno e il profumo l’ avrebbe inebriata regalandole la sensazione di carezze ormai dimenticate. Era buio. Ancora. La casa era immersa in un silenzio irreale. L’inverno è arido di rumori, persino il vento taceva, preda di una improvvisa spossatezza. Si era seduta sul divano. In mano la tazza con un caffè, nero, bollente, rigorosamente amaro. Qualcosa non andava. Avvertiva che le pareti di casa sue le erano ostili. Non l’ avevano accolta come ogni mattina con un silenzio partecipe. La supplicavano di fare attenzione. Per cosa? Verso chi?Erano implacabilmente mute. Non sapeva neppure perché le parlassero. Loro non l’avevano mai trovata simpatica e il sentimento era stato ampiamente ricambiato. Eppure quell’ avvertimento le ronzava nelle orecchie. Una strana elettricità pervadeva l’ambiente. Non facile da descrivere ma percepita sulla nuca, sui capelli, sulla pelle. Era inquietudine, si disse. Il calore del caffè non attenuava lo stato di allerta dei suoi sensi. Il silenzio era ostile. Il buio era ostile. Storie di fantasmi , ricordi rievocati di spiriti e di creature malevole, volteggiavano nella sua mente, ormai vittima della suggestione. Cosa accadeva? Cosa turbava la solita routine di un’ alba casalinga? La paura. Atavica, ancestrale. Quella dell’ignoto e quella dell’ invisibile tangibile. Perché mille particelle di terrore avevano creato un’ entità dentro la sua cucina. Non lo aveva sentito arrivare. Né aveva percepito la sua presenza fisica. Girando lo sguardo aveva incontrato occhi fosforescenti che la fissavano, inesorabili. Il sangue aveva smesso per un attimo di scorrerle nelle vene. Una improvvisa folata di ghiaccio l’aveva sferzata. Quella creatura non era il suo compagno giornaliero, quel fusone, quella pulcetta quotidiana. Era un corpo che conosceva, accarezzava, coccolava, ma dentro una energia sconosciuta, aliena. Non aveva osato allungare una mano per fare la consueta carezza foriera di finti morsi o di una leccata che traduceva amore e gratitudine. Era pietrificata. E la creatura si beava di quello stato angoscioso di attesa piena di domande. Telepaticamente le disse: Tu sei me! Che razza di affermazione! Lei stava morendo di paura e quella energia le traduceva un pensiero di ” incarnazione?”Tu sei me… Improvvisamente si trovò imprigionata dentro un corpo non suo. Era seminascosta sotto erba profumata. La notte ne accentuava il profumo. Vedeva tutto nonostante il buio. Quante creature si muovevano intorno a lei. Strisciava piano. Il suo fiuto era acuito. Sentiva il pulsare del cuore della preda designata. Da quando i suoi sensi erano divenuti così attenti? Le sue membra così agili? Il suo istinto così ferale? Eppure dentro quella coltre di pelliccia morbida, sopra quelle zampe flessibili c’era lei. Cambiava solo l’ involucro e il modo di approcciarsi agli altri. Tanto lei era empatica, quanto quel felino era solitario. Tanto lei cercava di prodigarsi per gli altri, quanto quel felino desiderava sopraffare, incutere terrore nella preda, immobilizzarla per la paura. Ecco, l’aveva scorta!Una piccola lucertola. Impietrita. Ipnotizzata. Il male attrae anche quando è letale. Un balzo. Solo una breve reazione. Nulla contro l’ artiglio che le aveva trafitto il cuore. Lei respirava affannosamente. Non per la fatica. Ma per la scoperta di avere potuto compiere un gesto terribile: stroncare una vita. Lei che professava di non sapere fare del male scientemente a nessuno. Era un felino. La sua natura era il suo destino. Aveva ucciso per gioco, per diletto. O era una donna in cui la parola Vita era il tutto per cui era nata? Tu sei me!Erano le parole che risuonavano nella sua mente col filtrare dei raggi del sole. Era pacioso mentre beveva il suo latte. Era tornato il batuffolo che si strusciava sulle sue gambe. Tu sei me! Non ci aveva pensato fino a che…Il postino aveva suonato. C’era un pacco da consegnare. Glielo aveva porto…e lei nel prenderlo dalle sue mani, con goduria lo…aveva graffiato!