DI FAME NON MORIREMO
Le prime reazioni istintive sono state di incredulità ma di fronte alla piena disattenzione al senso di responsabilità richieste dalle autorità sanitarie il governo non poteva fare altro. Il decreto del Presidente del Consiglio firmato ieri sera dopo una giornata concitata trasforma il Paese, tutto il Paese in una grande, unica zona rossa ma non certo in un lazzaretto.Lo si è fatto perché in tanti, in troppi continuavano allegramente la loro vita come se niente fosse. Ancora una volta si guardava il proprio io senza pensare alle conseguenze delle scelte che sarebbero poi ricadute sugli altri.Evidentemente le lezioni di egoismo in corso da tempo, un po in tutti gli ambiti, hanno funzionato bene anche nel caso dei comportamenti nei confronti del virus.A Conte dunque il compito di svegliarci con un provvedimento unico, totale che toglie certo di democrazia ma che allo stato delle cose sembra non avere alternative. Un provvedimento non ancora da stato di guerra, ma di conflitto contro quel che siamo, quel che crediamo di essere.La situazione, la vita nei nostri ospedali ne è la dimostrazione. Il moltiplicare dei casi e la difficoltà, da parte dei medici, di porsi di fronte alla scelta di chi cercare di salvare la vita e chi no è diventata il punto dirimente che ci fa comprendere quanto sia stato necessario procedere così.In tutto questo l’esempio dato dalla città di Prato fino dall’inizio non si pensa possa esser stato ininfluente. Qui la comunità cinese ha compiuto per settimane quello che tutti noi siamo chiamati a compiere da oggi.Decine di migliaia di persone si sono barricate in casa in una sorta di auto quarantena di responsabilità e mentre opposizioni cittadine e nazionali scommettevano proprio su Prato come focolaio iniziale, il virus si propagava, in altri luoghi, in altri contesti, fra quanti mai ci si sarebbe sospettato.Sarà stata la paura o le notizie che arrivavano dalla Cina ma è stato evidente che questo comportamento ha di fatto indicato una via che è la soluzione finale oltre la quale non si può andare oltre.Adesso che siamo tutti fragili, più deboli ma anche più consapevoli e uniti dovremo uscire di casa per motivi strettamente legati al lavoro, alla salute e alle normali necessità, quali, per esempio, recarsi a fare la spesa.Nessun panico da questo punto di vista, non moriremo di fame, infatti non è prevista la chiusura dei negozi di generi alimentari, che anzi- si legge in una nota di Palazzo Chigi – rientrano tra le categorie che possono sempre restare aperte. Nessun frigorifero, nessun congelatore da riempire all’inverosimile.Non è necessario e soprattutto è contrario alle motivazioni del decreto, legate alla tutela della salute e a una maggiore protezione dalla diffusione del Covid-19, affollarsi e correre ad acquistare generi alimentari o altri beni di prima necessità che potranno in ogni caso essere acquistati nei prossimi giorni. Non c’è alcuna ragione di affrettarsi perché sarà garantito regolarmente l’approvvigionamento alimentare.Dopo che in tanti, per troppe settimane, abbiamo fatto quel che ci é parso potremo usare quel briciolo di intelligenza che ci rimane per esser consapevoli di tutto ciò.In tutto ciò piuttosto il senso di vicinanza non può essere che verso quanti soffrivano per l’essere gli ultimi e che oggi si vedono davvero più colpiti degli altri.Si vedono ancora più emarginati.A loro il dovere di farci parte come Comunita, l’appello a non dimenticare.
