LE CRISI CHE RICORDO
Stiamo vivendo un momento difficile, una vera e propria emergenza umanitaria, un momento di crisi che si ripercuote sul sociale e sulle attività economiche. La racconteremo, come abbiamo sempre raccontato tutto, così come si racconta ancora dell’influenza spagnola, delle due guerre, della fame. Io personalmente, vivente a cavallo tra due secoli e due millenni, figlio di quell’Italia in transito dal bianco e nero al colore, ricordo solamente due crisi nazionali, due periodi in cui le persone si sono sentite unite ed al tempo stesso perse, seppur per motivi differenti. La prima la trovo rovistando negli angoli più remoti della memoria, risale agli anni 70 del secolo scorso. Era il periodo dell’austerity, e le immagini sono sfocate, grigie, ricordo una via Merulana, a Roma, senza automobili, la nebbia, o forse era smog, e persone in bicicletta, tante persone, ognuno col suo carico di pensieri e di doveri. Era un periodo in cui anche le sere erano buie, perché, a causa di un embargo petrolifero ai danni di USA e Europa deciso dai paesi arabi, il petrolio ed i suoi derivati combustibili erano divenuti rari, preziosi. Divieto di usare i mezzi privati per spostarsi, divieto di accendere le insegne luminose, bar e locali chiusi entro la mezzanotte. E non c’era internet, non c’erano i social, si usciva ma solamente per stare sotto casa. Ricordi confusi appunto, ma forse qualcuno rammenta meglio periodo ed effetti. Agli occhi di me bambino era solo tutto spento, compresi i sorrisi. Poi nel 1992 ci fu un’altra crisi. Diversa per carità, che coinvolse una minoranza di persone, tra cui me ovviamente, ma ebbe un impatto sconvolgente sul tessuto sociale. Parlo dello sciopero dei Monopoli di Stato, cosiddetto sciopero dei tabaccai. Alla fine del 1992, verso novembre, iniziò lo sciopero dei dipendenti dei Monopoli di Stato, che lottavano contro la privatizzazione dei Monopoli, e da quel momento iniziarono a mancare le sigarette sugli scaffali dei tabaccai, nelle rivendite. Per chi fumava iniziò l’inferno, ed anche se i non inclini a questo vizio ridevano, sbeffeggiando chi si disperava per trovare da fumare, in brevissimo tempo tutti si resero conto del problema. Da Napoli partivano camion carichi di sigarette di contrabbando, vendute a carissimo prezzo, mentre i tabaccai abbassavano le serrande e stringevano la cinghia. Iniziarono a circolare sigarette indiane, reperite presso i primi banchetti esotici, fatte con foglie arrotolate, mentre a Palermo un pacchetto di sigarette arrivò a costare anche 20.000 lire. Ci fu chi si rivolse alle procure, e l’indotto dei tabacco intanto andava in crisi: le conseguenze economiche, in appena un mese si fecero sentire. Il grande e compianto attore Alberto Lionello, in quel periodo in scena a Venezia, alla fine di una piece teatrale si rivolse al pubblico con queste parole “sono disperato, gli attori sono nervosi e dimenticano le battute. I tabaccai che troviamo sono tutti chiusi. Vi prego, agli applausi aggiungete le sigarette”. Due mesi durò quel periodo, tra linciaggi e partenze di gruppo per la Svizzera, per l’ex Jugoslavia, finchè anche il Vaticano un giorno si svegliò senza sigarette. Stiamo parlando di crisi diverse, di periodi storici diversi, di pericoli diversi. Ma una costante rimane, la ricerca di solidarietà. Ricordo che durante l’austerity si raggiungevano i parchi cittadini per cercare di raccogliere tutta la luce possibile, nonostante il freddo ed il periodo autunnale, incrociando gli sguardi degli altri bambini avvolti nei cappotti, cercando di capire cosa stesse accadendo, mentre gli adulti parlavano di quella austerity di cui non capivamo neanche il nome. E durante lo sciopero dei monopoli invece ci si riconosceva tra noi fumatori, lo stesso sguardo implorante, la stessa fame da zombie alla ricerca di carne. Ed ogni tanto, vedendo qualcuno fumare, saliva spontanea la richiesta di una sigaretta, così come saliva spontaneo il rifiuto. Ora questo momento ci mostra città deserte, finestre illuminate, solitudini diverse, isolamenti volontari e purtroppo alcuni dovuti e doverosi. Crisi diverse appunto, epoche diverse, ma le abbiamo superate e raccontate, e racconteremo anche questa, anche se stavolta bagneremo le parole con le lacrime.
