ARGENTINA: SCUOLE CHIUSE ED EVENTI DI MASSA VIETATI MA NON REGGERÀ A LUNGO
DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE A BUENOS AIRES Argentina in quarantena per due settimane da lunedì 16 marzo: chiuse le scuole, le università, i musei, i cinema e i teatri. Vietate le manifestazioni di massa (come la tradizionale marcia per la memoria, il 24 marzo, anniversario del golpe del 1976). Aperti, ma con personale ridotto per rispettare le distanze, uffici pubblici e banche. Nessuna restrizione per bar, ristoranti, supermercati e negozi in generale. La maggior parte degli addetti disinfetta continuamente le superfici, ma pochi esercenti hanno adottato misure supplementari. E tra questi pochi spiccano alcuni supermercati cinesi, che hanno montato teli di plastica a protezione dei cassieri, tutti con mascherina.Una quarantena light, insomma, criticata e criticabile perché sembra ripercorrere le tappe e gli errori dei paesi europei. “Il giornale del giorno dopo l’abbiamo già letto, ma il governo sembra ignorarlo”, confessa una medica ospedaliera.In realtà, gestire unlockdowntotale – in un paese che ha iniziato il 2020 con un tasso di povertà superiore, comunque lo si calcoli, al 35 per cento – pone dilemmi etici non indifferenti. Chiudere le scuole significa, per molti bambini, rinunciare all’unico pasto del giorno. Chiudere i comedores populares di quartiere (mense autogestite che offrono pasti caldi agli indigenti, nate nel 2001 e riaperte durante la presidenza di Mauricio Macri) significa condannare alla malnutrizione la fascia più vulnerabile della popolazione, anche quella che per età non farebbe parte dei gruppi di rischio, e renderla quindi più debole davanti all’aggressione del virus.Secondo il centro studi indipendente Idesa (Instituto para el Desarrollo Social Argentino), lo stop totale comporterebbe conseguenze ancora più gravi della diffusione della pandemia. Il 45 per cento delle famiglie argentine ottiene il proprio reddito da lavoro autonomo (23 per cento) o informale (22 per cento). Del restante 55 per cento, il cui reddito si basa su lavoro subordinato, la percentuale dei poveri (i cosiddettiworking poor) è del 16 per cento. Si tratta di lavori con basso stipendio e in generale privi di quel paracadute sociale presente invece in Europa: se l’impresa entra in crisi, scattano i licenziamenti di massa. Cosa che non può permettersi un paese a un passo dal default.“La Oms segnala in modo esplicito che non è realista né auspicabile aspirare a un rischio zero”, spiega Idesa in uno studio appena pubblicato. “Le autorità sanitarie devono determinare il livello di rischio accettabile e le relative misure da prendere”. Nel campo della salute pubblica, dicono i ricercatori, va sempre soppesato il costo della malattia e il costo del rimedio. E in questo momento, fermare l’attività economica e isolare la popolazione avrebbe costi sociali molto più elevati dei benefici. “In Argentina, con in settore pubblico distrutto e la maggior parte delle famiglie vulnerabili che vivono di lavoro informale, il rimedio sarebbe molto peggio del problema”, conclude lo studio.È il cosiddetto dilemma dell’uomo grasso e l’etica del male minore, così come teorizzato dal filosofo David Edmonds in “Uccideresti l’uomo grasso?” (Raffaello Cortina).Immaginiamo un carrello ferroviario fuori controllo che corre verso cinque uomini legati sui binari: se non sarà fermato li ucciderà tutti e cinque. Vi trovate su un cavalcavia e osservate la tragedia imminente. Un uomo molto grasso, un estraneo, è in piedi vicino a voi: se lo fate cadere sui binari, la sua stazza fermerà il carrello, salvando cinque vite, ma lui morirà. Voi uccidereste l’uomo grasso? Ecco, in questo momento i governi di tutto il mondo si stanno chiedendo questo. E non è più così divertente.
