COSÌ L’ASIA HA SCONFITTO IL VIRUS
 
        In Cina ci sono riusciti, dopo l’esplosione del focolaio di Wuhan, con misure draconiane. A Taiwan, Hong Kong, Singapore in parte in Corea del Sud sono stati meno drastici ma non meno efficaci. Ma la chiusura delle scuole a Hong Kong fino al 20 aprile la dice lunga su cosa ci aspetta Il coronavirus strangola l’Europa e si sta preparando a farlo negli Usa ma in diversi Paesi asiatici è ormai sotto controllo.In Cina ci sono riusciti, dopo l’esplosione del focolaio di Wuhan, con misure draconiane. A Taiwan, Hong Kong, Singapore in parte in Corea del Sud sono stati meno drastici ma non meno efficaci.Dopo avere occultato l’epidemia da Covid-19 ed esitato nel combatterla con decisione, la Cina a fine gennaio è intervenuta con misure di contenimento sociale e individuale dei movimenti senza precedenti. Alcune delle maggiori città sono state chiuse, in particolare l’epicentro di Wuhan, e sono stati adottati divieti di spostamento interno quasi assoluti. I laboratori sono entrati in funzione a pieno ritmo e sono stati posti in isolamento anche i pazienti che avevano sintomi medi o deboli dentro a strutture create apposta, dalle scuole ai centri conferenze. E come abbiamo visto sono stati costruiti nuovi ospedali nel giro di pochi giorni. Quasi subito ai residenti di Wuhan e delle altre città colpite dal virus è stato imposto di restare chiuse be oltre il capodanno cinese del 27 gennaio.Soltanto nella provincia di Hubei sono state messe sotto chiave 60 milioni di persone e chiuse la maggior parte delle fabbriche che non riapriranno almeno fino al 20 marzo.I costi economici sono stati enormi. Ai primi di febbraio un terzo tra piccole e medie imprese avevano esaurito i soldi in cassa: erano rimasti gli spiccioli per arrivare a malapena a fine mese. Questa strategia ha avuto successo anche se è difficilmente applicabile in Paesi democratici che pongono grande attenzioni ai diritti dell’individuo e del cittadino: qui in Europa come negli Stati Uniti si fa fatica da applicare gli stessi metodi.Singapore, Taiwan e Hong, tutti Paesi con forti legami con i cinesi, hanno reagito con grande prontezza ma senza essere così drastici come Pechino. Tra il 21 e il 23 gennaio hanno introdotto queste misure 1) restrizioni severe sui viaggi dentro e fuori il Paese 2) Quarantena per tutti quelli che presentavano dei sintomi 3) riduzione dei contatti tra gli individui e “distanza sociale”.A Singapore gli infettati sono stati trattati immediatamente e soprattutto è partita un’indagine a tappeto con interviste accuratissime per capire con chi il malato era venuto a contatto. Sono stati sospesi tutti gli eventi di massa ma sono stati minimizzati i costi sociali ed economici: scuole e posti di lavoro sono rimasti aperti. Insegnanti e studenti però sono stati sopposti a screening di massa per il controllo della temperatura.A Taiwan, che un’isola come Singapore, si sono comportati in maniera leggermente diversa. I voli con la Cina non sono stati sospesi subito e sono stati invece avviati controlli molto attenti sui passeggeri. Soltanto dopo aver individuato un caso di importazione sono stati sospesi, il 21 gennaio, i voli con Wuhan. E solo tre settimane dopo vietati i voli su altre importanti città cinesi, Shangai compresa.Pe ridurre il contagio interno lo stato ha messo a punto dei reparti apposta ma soprattutto ha puntato sulla quarantena a casa, imponendo a chi la violava multe da capogiro: circa 32 mila euro in valuta locale. Le scuole sono state chiuse solo per due settimane e riaperte il 23 febbraio. Quanto alle mascherine il governo è intervenuto per controllarne la distribuzione e ha fissato un prezzo al pubblico uguale per tutti.Hong Kong ha adottato un altro approccio, in primo luogo perché formalmente fa parte della Cina pur essendo territorio autonomo e inoltre perché ogni giorno 300mila persone attraversano il confine con Pechino. Il 3 gennaio, poco dopo il primo caso dichiarato a Wuhan, ospedali e istituzioni sono stati mobilitati. Dal 5 febbraio tutti coloro che provenivano dalla Cina sono stati messi in quarantena, sono stati aboliti i raduni di massa, incoraggiato il lavoro da casa e il 16 febbraio le scuole sono state chiuse: non riapriranno fino al 20 aprile.Pure avendo avuto Hong Kong (8 milioni di abitanti) pochi casi di infezione (130) e soli quattro morti, scuole università sono ancora chiuse, almeno fino al 20 aprile, e questo ce la dice lunga su cosa ci aspetta prima di tornare a una certa normalità.
