RIAPRIRE, VALE LA PENA PARLARNE?

RIAPRIRE, VALE LA PENA PARLARNE?

Proviamo a fare un ragionamento a ritroso. Ovvero partiamo prima dalla proposta e poi dal chi l’ha fatta. Ovvero: riaprire le fabbriche (ergo tornare a lavorare normalmente per chi non può fare lo smart working) dopo pasqua e riaprire le scuole a maggio. Ha senso? Per capirlo facciamo due premesse. 1. L’Italia è sostanzialmente in quarantena dal 12 marzo, alcune sue parti dall’8, ma sostanzialmente dal 12 2. Le attività “non strategiche” sono ferme dal 25 marzo, 3 giorni in quanto – nella stragrande maggioranza dei casi – quelle attività hanno lavorato in regime di #stiamoacasa dal 12 al 25 marzo. 3. al di là della “vox populi”, la Protezione civile ha passato l’ultima settimana a spiegare che i picchi di contagi del weekend scorso erano dovuti a fenomeni di contagio precedenti al 12 marzo o registratosi nel caos delle ordinanze e relative fughe dal nord per effetto panico. Anche sui decessi, la PC li ha connesse alle situazioni di stress dei reparti di terapia intesiva e di contagi risalenti a prima delle disposizioni. 4. ad oggi, ancora, non abbiamo dati che dicano che il lavoro in fabbrica comporti un aumento dei contagi superiore a quello di altri “lavori strategici”. Logicamente lavorare in posti ad alta densità aumenta i contagi, ma non si può considerarlo LA “causa” del maggior contagio lombardo considerando che quando parliamo della Lombardia e del Bergamasco non parliamo solo di una forte densità industriale, ma di una forte densità di popolazione. 5. come previsto, inoltre, una politica più ampi di tamponaggio ha progressivamente fatto “diminuire” le percentuali relative di decessi x contagiato e di ricorso ad ICU x contagiato. Questo, ovviamente, non vuol dire che non esista il rischio di stress del SSN, ma comincia a chiarire più le idee sulla famigerata anomalia italiana, da cui si è generato il panico. 6. come dicono vari studi scientifici, il SARS-CoV-2 non “sparirà” nel nulla e sì, probabilmente dovremmo conviverci per i prossimi 1/2 anni finché non arriva la cura. Cosa confermata da uno studio di Harvard che dice testualmente che o gli Stati adeguano il proprio sistema sanitario o ci dobbiamo aspettare forme di “restrizione dei rapporti sociali” per i prossimi 2 anni. 7. la capacità di risposta del sistema sanitario è fortemente legata alla sua preparazione a fronteggiare tale emergenza. Se quest’anno siamo stati colti “impreparati” (noi italiani più di altri paesi), questo non vuol dire che, passata l’emergenza, non possiamo investire nel prepararsi all’emergenza e potenziare la ricerca sul virus (sapete, quelle cose che poi permettono ai complottisti di dire “è fatto in laboratorio”); 8. per ora il sistema regge, ma al di là del problema economico (per cui possiamo tamponare e ritardare lo sfascio a dopo l’emergenza sanitaria), c’è il problema psicologico e sociale di tenere in casa 60.000.000 di abitanti, molti, professionisti e commercianti, che hanno 0 entrate e che, soprattutto non hanno la benché minima certezza di poter tornare a lavorare quando si potrà. Per ora sono passati 16 gg di quarantena, i problemi già esistono, ma sono poco visibili macroscopicamente, ma la teoria più accreditata è che abbiamo davanti almeno circa altri 40 gg di quarantena. Se non di più. 9. infine, non esiste solo il riapriamo tutto e subito, esistono forme graduali di apertura come quelle per aree di interesse, modalità etc. Detto questo e ribadendo che ogni possibile riapertura deve essere fatta DOPO la fine dell’emergenza del sistema sanitario locale, dobbiamo considerare che quando sarà, la scelta di “riaprire” lavori e scuole etc. sarà prettamente politica. Nascerà sicuramente dopo essersi consultati con le autorità sanitarie, ma rimarrà prettamente politica. Sarà Conte e il suo governo a prenderla, non Burioni. Questo vuol dire che non prenderà solo in considerazioni il contagio, ma i danni sociali, psicologici ed economici del paese. Perché deve farlo. Perché il rischio è di trovarci a gestire, con ancora in vigore le norme “anti-Covid19” un enorme massa di persone stressate dalla quarantena e che, per via di aver perso attività e lavoro, di non avere più niente da perdere. Forse, ma va considerato perché per quanto possa essere poco probabile, è possibile. Basti citare il fatto che durante la quarantena di Wuhan, il governo cinese ha messo in campo non solo risorse mediche e forze di sicurezza, ma un potente apparato di supporto psicologico per la popolazione in quarantena.. Per tutti questi motivi, ha senso cominciare a discutere di “come riaprire” e valutare, pianificare e “sperimetare” (anche solo virtualmente) strategie di contenimento post-crisi per evitare di fronteggiare altri crisi, non solo sanitarie. Anche perché ora, a un mese dall’inizio della crisi sappiamo molto di più del virus di prima e abbiamo altri esempi di contenimento del virus oltre a quello cinese/italiano. Come le fasce protette per far fare la spesa agli anziani (usate in vari paesi nordici), lo smart-working, le possibilità di organizzare screening per trovare chi ha già avuto – da asintomatico o paucisintomatico – il Covid19 e ha sviluppato gli anticorpi (modello israeliano che sembra verrà ripetuto in Germana) con annesso e connesso “pass”. Soprattutto abbiamo, stavolta, il tempo di prepare una “riapertura” ovvero organizzare servizi e migliorare la sicurezza dei posti di lavoro, magari divergendo alcuni aiuti di “sussistenza” alle aziende in “sussidi” per migliorare la sicurezza. Ecco. Ora arriviamo al punto. Lo ha detto Matteo Renzi e probabilmente ha sbagliato modi e tempistiche (anche se ha citato due date che erano già girate nei giorni precedenti e alla scrittura dei rispettivi decreti). Chi vi scrive ha 0 simpatie per Renzi, e ha decine di articoli pubblicati che dimostrano di non fargli sconti (anzi). E infatti non sto dicendo “Renzi ha ragione”, ma che non dobbiamo sospendere il dibattito su modi e tempi di riapertura solo perché “lo ha detto Renzi”, come, ho letto, hanno già fatto noti anti-renziani come Andrea Scanzi. Ovvero, si discute della persona che fa la proposta, non della proposta legando, per di più, le due cose assieme indissolubilmente e annullando ogni possibile dibattito sull’idea stessa. Il che è profondamente stupido (e assurdamente anti-democratico). Disclaimer finale volto a evitare commenti stupidi: come ho detto più volte nel testo, chi scrive non è renziano (e nemmeno salvinian.meloniano o berlusconiano), in nessuna parte del testo ho detto che sono d’accordo con le date immaginate da Renzi, qui si discute sul fatto che sia sensato immaginare o progettare un modo per riaprire (anche in parte), non il FARLO ORA o il 10 aprile.