QUEL GIORNO A MONTREUX WALLACE ROONEY SI SENTÌ MILES DAVIS

QUEL GIORNO A MONTREUX WALLACE ROONEY SI SENTÌ MILES DAVIS

Wallace Rooney non era il nome di un jazzista star, accompagnato da una larga popolarità, ma di un musicista di livello, un solista di qualità che ha avuto una carriera riconoscibile piena di incontri importanti. Il più importante è stato sicuramente quello con Miles Davis, talmente importante da trasformarlo nel più riconoscibile discepolo del maestro, il trombettista che meglio di chiunque altro riusciva a far rivere quel suono che ha segnato la storia del jazz. Ci riusciva talmente bene che Miles, uomo poco disponibile a perdere tempo, lo aveva personalmente riconosciuto come suo alter ego, tanto da chiedere il suo ingaggio a Quincy Jones quando accettò di partecipare al festival di Montreux in una sorta di revival dei momenti d’oro della sua carriera. Un concerto storico, perchè era la prima volta che Davis tornava al suo passato e anche perché ha preceduto di soli due mesi la sua morte. Storico anche nei miei ricordi perché l’ho vissuto da vicino per due giorni. E’ stata l’occasione per assistere non solo al concerto, che poi venne ripreso dalla tv e trasformato in un dvd, ma nella sua costruzione durante un giorno intero di prove. Prima con Quincy che preparava l’orchestra e le parti solistiche con Wallace Rooney. Poi, finalmente con l’arrivo di Miles. Magrissimo, il viso coperto da occhialoni neri, il parruccone alla Luigi XIV che usava regolarmente negli ultimi anni per coprire la sua calvizie, il vestito blu a righe stretto sul suo corpo diventato esilissimo. Miles aveva al solito l’aria menefreghista, ma sapeva che si stava avventurando in un’impresa difficile. Le pariture di quelle meravigliose produzioni musicali che Gil Evans aveva curato per lui, da Miles Ahead a Porgy and Bess, a Sketches of Spain, erano fra le cose più belle realizzate durante la sua carriera. Ma erano anche parti difficili e il suo labbro non era più quello di una volta. Ad arrivare dove lui non riusciva più doveva essere prprio il fedele Wallace, allora trentenne solista ancora di belle speranze (aveva già suonato con Art Blakey e Tony Williams), dotato di un suono fantastico. Se si sentono le registrazioni il suo lavoro è perfetto. Ricordo i due trombettisti seduti vicino, durante le prove, con dietro l’orchestra, una superformazione con elementi dell’orchestra di Gil Evans, guidata dal figlio Miles Evans, e di quella del pianista George Gruntz. Miles, con la sua tromba rossa e gli occhialini da lettura, masticava perennemente un chewing gum, lanciava maledizioni contro le note impossibili, mandava sguardi di fuoco a Quincy davanti a lui che dirigeva e di lato a Wallace. Quando poi si è trattato di andare in scena con il pubblico, ho avuto la fortuna di sedere al palco di Quincy Jones con la sua produttrice, Miles si è presentato con un gran vestito blù con dei disegni colorati, apparentemente in buone condizioni e tutto è filato liscio, accolto dal filo emotivo di una platea che era consapevole di assistere a una tappa storica nella carriera del musicista che non aveva mai voluto rifare se stesso. La mattina dopo in albergo Miles è uscito in fretta e furia diretto a Parigi dove l’aspettavano altri suoi ex partner del passato, Wayne Shorter, Herbie Hancock, Joe Zawinul, per fare un altro ripasso storico della sua vita musicale. Due mesi dopo la notizia della sua morte. Ora a distanza di 29 anni se ne va Wallace Rooney, non era più il ragazzo atletico del 91, nel frattempo aveva sposato la pianista Geri Allen, (morta nel 2017), aveva realizzato molti dischi, negli ultimi anni era molto ingrassato ma era ancora giovane, 59 anni: il corona virus lo ha portato via consumando i suoi polmoni che avevano lavorato tanto per assomigliare sempre di più al suo maestro.