LA BENEDIZIONE URBI ET ORBI DI PAPA FRANCESCO. UN ATTO DI ACCUSA CONTRO I RICCHI DELLA TERRA
Domina il silenzio, il vuoto in questa Pasqua del 2020. Non poteva essere altrimenti.Tutto è cambiato, tanto avrà da cambiare ancora. La Chiesa lo ha compreso fino dall’inizio, il Pontefice lo ha compreso ed ha voluto anticipare il corso degli eventi.La sacralità, le esteriorità hanno ceduto il passo alla necessità di vincere il virus ma anche alla volontà di indirizzare le attenzioni verso la condivisione, la corresponsabilità.Torna l’essenzialità che rafforza nel dovere all’impegno la spiritualità “Cristo è Risorto”.In questa Pasqua che svela la forza del Mistero nella Resurrezione, Francesco ha presieduto, nella basilica di San Pietro, la celebrazione della Santa Messa a cui è seguito la benedizione Urbi et Orbi.Una Basilica resa ancora più maestosa da ogni orpello ha visto un Papa non stanco ma gravato in modo indiscutibile del peso di questo tempo che mette alla prova ma di cui non si può perdere ogni istante per fare lezione e strumento di rinascita.È stato omesso il “Resurrexit” quel rito che all’interno dalla funzione ricorda lo stupore di Pietro nel vedere il sepolcro vuoto e l’attestazione degli Undici che il Signore era davvero risorto ed era apparso a Simone.Anche l’omelia non è stata pronunciata ed è stata sostituita con un momento di silenzio ma non per questo il Papa ha rinunciato a far arrivare al mondo il messaggio forte.Lo ha fatto parlando prima della benedizione rivolta al Mondo, prima della benedizione Urbi et Orbi, pronunciato, per la prima volta nella storia, dai cancelli dell’Altare della Confessione, all’interno della Basilica di San Pietro, ai piedi della Loggia delle Benedizioni.C’è il Coronavirus ma ci sono altri grandi come l’indifferenza, l’egoismo, le divisioni e la “dimenticanza”. C’è il dovere di fermare i conflitti con un cessate il fuoco globale, smettere di costruire armi. Poi una richiesta potente, risolutiva; allentare le sanzioni internazionali riducendo, addirittura condonando, il debito pubblico perché ogni Stato sia messo in condizione di fronteggiare l’emergenza e curare i propri cittadini.Facendoci raggiungere, attaccare, questa volta senza timore, dal bene in un grande “contagio della speranza”, che egli invoca sull’umanità ferita e afflitta da un virus colpevole di aver fatto già troppe devastazioni:“Per molti è una Pasqua di solitudine, vissuta tra i lutti e i tanti disagi che la pandemia sta provocando, dalle sofferenze fisiche ai problemi economici. Questo morbo non ci ha privato solo degli affetti, ma anche della possibilità di attingere di persona alla consolazione che sgorga dai Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Riconciliazione. In molti Paesi non è stato possibile accostarsi ad essi, ma il Signore non ci ha lasciati soli! Rimanendo uniti nella preghiera, siamo certi che Egli ha posto su di noi la sua mano, ripetendoci con forza: non temere!”.È c’è il passaggio forte ai potenti, ai ricchi, all’1% che domina il restante 99:“In considerazione delle circostanze, si allentino pure le sanzioni internazionali che inibiscono la possibilità dei Paesi che ne sono destinatari di fornire adeguato sostegno ai propri cittadini e si mettano in condizione tutti gli Stati, specialmente quelli più poveri, di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui loro bilanci”.In tutto questo il vecchio Continente gioca un ruolo fondamentale e lo gioca come istituzione che deve trovare la consapevolezza della forza nello stare unito:“Oggi l’Unione Europea ha di fronte a sé una sfida epocale, dalla quale dipenderà non solo il suo futuro, ma quello del mondo intero. Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà, anche ricorrendo a soluzioni innovative. L’alternativa è solo l’egoismo degli interessi particolari e la tentazione di un ritorno al passato”. Instancabilmente il Santo Padre, prima della Benedizione chiede di nuovo “un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo”, a cominciare dalla Siria con i suoi 384 mila morti, con i milioni di profughi ancora senza una dignità. Poi lo Yemen, l’Iraq, il Libano, l’Ucraina, e tanti luoghi dell’Africa attraversati dalla furia del terrorismo, senza dimenticare l’estenuante conflitto che divide israeliani e palestinesi: “sia questo il tempo – ricorda Francesco – affinché riprendano il dialogo per trovare una soluzione stabile e duratura che permetta a entrambi di vivere in pace”.Ci sono quindi i migranti, il dovere irrinunciabile a sostenerli, ad aiutarli, a proteggerli cacciando il più terribile dei mali: l’indifferenza.Quelli stessi migranti che il Papa invita, ordina che la stessa Chiesa si faccia coinvolta nell’aiuto.Quei migranti di cui anche oggi arrivano drammatici le grida di allarme, di aiuto, per le difficoltà nel proteggerli dal virus a Pozzallo, per gli egoismi che non sono affatto sopiti.Per i morti di oggi nel Mediterraneo, per le violenze nei lager libici, per le asprezze rivolte verso quanti in modo gratuito, disinteressato e paterno li accolgono come a Pistoia, a Vicofaro. Abbiamo davvero tutti bisogno che la Luce del bene prevalga sul buio come in un’altra Cattedrale, quella di Firenze, ha rammentato l’arcivescovo Betori.E proseguendo il Pontefice ricorda per prime le crisi umanitarie che attraversano l’Asia e l’Africa, come nella regione di Cabo Delgado, nel Nord del Mozambico, e passando per il Mediterraneo, arriva fino alla sua America Latina:“Il Signore della vita… doni protezione ai tanti migranti e rifugiati, molti dei quali sono bambini, che vivono in condizioni insopportabili, specialmente in Libia e al confine tra Grecia e Turchia, non voglio dimenticare l’isola di Lesbo. Permetta in Venezuela di giungere a soluzioni concrete e immediate, volte a consentire l’aiuto internazionale alla popolazione che soffre a causa della grave congiuntura politica, socio-economica e sanitaria”.Dopo l’annuncio della concessione dell’indulgenza plenaria a quanti sono collegati tramite radio e tv, Francesco imparte la benedizione Urbi et Orbi.
