LE LIBRERIE, LE TROMBE, LA BOLLA
o dico chiaro, a costo di perdere la stima di molte persone che invece conserveranno la mia:a me tutta questa retorica entusiasta sulle librerie riaperte fa un po’ cadere le braccia. Eppure credo di essere tra quelli che nelle tabelle vengono considerati “lettori forti” (peraltro ci vuole pochissimo: basta superare un singolo libro al mese, e vale pure “Uomini” di Alba Parietti). Ecco: stamattinaho visto in giro un entusiasmo per questa riapertura che fa venire i nervi. Fino al titolo del Corriere davanti al quale ho alzato le mani:«Più dei metri quadri contano i libri che si hanno in casa». Eh no, cacchiarola, non è così. Purtroppo. E se lo è,lo è davvero per pochi: quelli che hanno avuto lafortuna di essere educati al piacere della letturao che, per straordinaria forza personale, questo piacere se lo sono coltivati da soli. Per tutti gli altri, sorry, no: in generale, ma soprattutto in questo periodo, contano di più (molto di più) i metri quadri, un balcone, un terrazzo, un giardino, un negozio di alimentari non lontano, una rete affettiva e di vicinato decentemente solidale e via andare, potrei elencare altre cento cose che vengono prima. E non è che lo dico io,lo dicono i dati degli stessi editori: sei italiani su 10 non leggono nemmeno un libro all’anno, si arriva al 77 per cento di non-lettori assoluti oltre i 65 anni. Il che non è per nulla entusiasmante, s’intende, maè un dato di realtàe con la realtà è difficile fare a pugni.A meno che non ci si voglia auto-ingannare con l’idea che l’intero paese sia come la propria bolladi amici e colleghi, quelli con cui si chiacchiera di Safran Foer e Houellebecq con la stessa passione con cui ce la raccontiamo di Cristiano Ronaldo e Lukaku. Una bolla che tra l’altro in queste settimaneho sentito umanamente molto congelata, nelle proprie abitudini di lettura. Intendo dire: non poche personehanno confessato la propria difficoltà nel leggerebeatamente romanzi e saggi in poltrona mentre fuori sta venendo giù il mondo e si sentono solo le sirene delle ambulanze. Ma questo è il meno, non è questo il punto. Il puntoè proprio il significato simbolicopercepito di questa riapertura, oggi tanto strombazzato dall’élite culturale. Perché guardate, amici cari e amici che forse ora non lo saranno più, cheil significato simbolico che è passato non è «che bello, la cultura riapre porte e finestre». Il significato simbolico passato è, di nuovo, «io so’ io e voi non siete un cazzo». Si riapre solo per noi, per voi no. E ora, vi prego, se potete: non accusatemi pigramente di populismo. Intanto perché da tempo non mi frega nulla di piacere a nessuno (tanto che scrivo questo post).Ma soprattutto perché il populismo è esattamente il contrario: èalimentare le distanze. Non arrabbiarsi con chi le alimenta.
