MAFIA: SI STRINGE SEMPRE PIÙ IL CERCHIO ATTORNO A MESSINA DENARO
I Carabinieri del Nucleo investigativo di Trapani, del Raggruppamento operativo speciale e della Dia, hanno eseguito 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal gip di Palermo su richiesta della Dda. A farne le spese il mondo che ruota attorno al boss ancora imprendibile Matteo Messina Denaro. Le accuse sono di associazione mafiosa, estorsione, favoreggiamento e fittizia intestazione di beni, tutti aggravati da modalità mafiose. L’operazione nasce da un’inchiesta avviata quattro anni addietro su esponenti delle famiglie di Vita e Salemi, ritenute sotto il controllo del capomafia Messina Denaro. A coordinare le indagini, il procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e l’aggiunto Paolo Guido. I riscontri avrebbero consentito di individuare i capi dei due clan e di scoprire la manovalanza delle cosche. A corollario del sistema una nutrita schiera di professionisti nel settore di consulenze agricole e immobiliari, sarebbero riusciti attraverso società di fatto riconducibili all’organizzazione mafiosa ma intestate in pratica a dei prestanome. Il collegamento con i colletti bianchi avrebbe permesso di realizzare notevoli vantaggi economici per investimenti in colture innovative per la produzione di legname e in attività di ristorazione. Parte dei profitti derivanti dagli investimenti delle cosche trapanesi di Vita e Salemi (Trapani), sarebbero dunque riconducibili al mantenimento del boss latitante Matteo Messina Denaro ricercato dal lontano 1993. I Carabinieri, nel corso dell’operazione, hanno sequestrato tre complessi aziendali, comprensivi degli immobili e dei macchinari, fittiziamente intestati a terzi ma ritenuti strumento per il business dell’organizzazione criminale. In carcere è finito una delle figure eccellenti della Sicilia, quel Vito Nicastri, conosciuto come il “re dell’eolico”. Il “signore del vento”, tra i primi in Sicilia a puntare sulle energie pulite, a cavalcare l’economia “verde”, non sarebbe affatto un nome nuovo per i carabinieri e gli uomini della Dia. Su di lui era stata condotta l’ultima inchiesta sui presunti favoreggiatori del padrino di Castelvetrano: i suoi legami col boss gli sono costati sequestri per centinaia di milioni di euro. Di lui, tra gli altri, ha parlato il pentito Lorenzo Cimarosa, nel frattempo morto, indicandolo come uno dei finanziatori della ormai più che ventennale latitanza di Messina Denaro. Il collaboratore di giustizia ha raccontato di una borsa piena di soldi che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia attraverso un altro uomo d’onore, Michele Gucciardi. Per uno dei progetti il boss Girolamo Scandariato, figlio del capomafia di Calatafimi arrestato nell’operazione, aveva individuato ben 22 ettari su cui realizzare l’affare: terreni appartenenti alla famiglia D’Alì. Della trattativa si era interessato direttamente l’ex sottosegretario al ministero dell’Interno e senatore di Forza Italia, Antonio D’Alì, attualmente imputato per concorso esterno ma che non risulta indagato in questa indagine. I due si sarebbero incontrati il 5 settembre del 2014.SI STRINGE SEMPRE DI PIÙ
