LA RECESSIONE ALLUNGA IL PASSO IN EUROZONA, FONDAMENTALE IL RUOLO DELLA BCE

LA RECESSIONE ALLUNGA IL PASSO IN EUROZONA, FONDAMENTALE IL RUOLO DELLA BCE

Cresce l’allarme sull’impatto causato dall’emergenza sanitaria nell’economia italiana, ampiamente in recessione, insieme a tutto il convoglio Eurozona. Questa volta si tratta di una crisi aggressiva senza precedenti, che non consente neppure di orientarsi su una bussola affidabile per ciò che concerne l’entità stessa dei danni. Si esprimono stime sulle quali, è evidente, ci si affida al pressappochismo di ciò che emerge in superficie, ma non c’è una valutazione razionale, con numeri e percentuali che esprimano la portata reale dell’impatto Covid-19 sul tessuto produttivo. E non è propriamente il minore dei mali, considerato che, dati certi sulla tempesta che si è abbattuta nel sistema economico globale (non solo nazionale), non ne esistono. Le stesse Agenzie di rating, le Organizzazioni internazionali, quali FMI e OPEC, forniscono un quadro sulla base di uno scenario che si presenta pressoché catastrofico in termini di danni economici. Le preoccupazioni di Confindustria – e non solo l’Associazione degli imprenditori italiani ma anche quelle delle economie più avanzate – scalpitano per porre fine alla chiusura dell’attività produttiva, causata da misure imposte dall’emergenza sanitaria ancora in atto. Esprimono nel contempo previsioni per il ‘day after’ che preoccupano, perché davvero gli scenari sono inquietanti. Si auspica una ripresa rapida, e la speranza è che i danni si possano contenere, attraverso una sinergia d’interventi da parte delle autorità finanziarie preposte a sostenere il sistema, quando il rischio del crollo è tutt’altro che un’ipotesi remota. Non si ostenta in questo quadro logorante d’ipotesi neppure un ottimismo convincente, perché le stime preliminari dei danni, sia pure espresse con la dovuta cautela e certamente approssimate, già danno un’idea dello sconquasso nei diversi settori. In particolare quello manifatturiero e della produzione industriale in generale, ma non è uno scherzo neppure il danno riportato dal settore turistico e trasporti. Il Centro Studi Confindustria ha già espresso percentuali attendibili sul calo della produzione industriale nel 1° trimestre dell’anno, dovrebbe aggirarsi sul 5,4%. Piuttosto rilevante, inutile rimarcarlo, ma basterebbe ricordare che contribuisce per l’1,5% alla caduta del Pil italiano. Sempre a marzo l’Indice dei direttori (o Purchasing Managers Index) ha registrato un autentico crollo nell’industria, andando ben sotto la soglia di 50 punti: ha registrato il 40,3. Il blocco della produzione ha interessato il 60% delle imprese manifatturiere, e il dato comunque non sorprende. Il crollo riguarda praticamente tutti i dati macro dell’economia, con l’immobilità dell’attività produttiva del resto ci si può aspettare solo i risultati che si stanno delineando. Il crollo, com’è ovvio intuire, data la situazione d’emergenza ovunque nel pianeta, non riguarda solo l’Economia italiana, per la quale l’Fmi ha già previsto nel corrente anno un calo devastante del Pil, che andrebbe a -15%, per recuperare poi con un balzo, secondo le ottimistiche previsioni del Fondo, nel 2021, anno in cui il Pil andrebbe in riscossa, con un bel +5% circa. Piacerebbe crederci, si manderebbe giù anche il -15% di Pil quest’anno, pazienza. Ma è maledettamente difficile illudersi che solo il 2020 sarà sacrificato a questa sconvolgente emergenza sanitaria, sociale, economica. Lo scenario sarà per ovvie ragioni più chiaro nel secondo semestre di quest’anno. Intanto secondo un comunicato di Bankitalia, la Bce intende “allentare i criteri di ammissibilità e il sistema di controllo dei rischi applicati alle attività conferibili, a garanzia dalle banche per favorire l’aggiudicazione dei rifinanziamenti (della Bce).” Si tratta di misure adottate per reagire alla crisi economica e finanziaria originata dall’emergenza sanitaria, che si prefiggono di rendere più ampia la disponibilità delle garanzie, così che sia reso più agevole l’accesso degli istituti di credito ai finanziamenti. Si aiuterebbero in tal modo le banche a rendere più semplice l’accesso al credito ad imprese e famiglie, anche con il rafforzamento dell’utilizzo di prestiti a garanzia, insieme ad una maggiore propensione al rischio nell’Eurosistema. Queste misure potrebbero restare in vigore per tutto il 2020, quale supporto agli sforzi richiesti per la ripresa economica in area euro. Di certo è fondamentale l’intervento della Bce, con le misure di politica monetaria volte a preservare il basso costo del credito in area euro, ormai avviata in un percorso di forte recessione. Dalle decisioni già intraprese, e da quelle che ancora si renderanno necessarie nell’immediato futuro, dipenderà la ripresa degli investimenti e dell’export, attualmente in forte caduta, a causa dell’immobilità nei vari settori dell’economia. Le dichiarazioni della presidente Christine Lagarde, le risoluzioni del Consiglio direttivo, con risposte efficaci per il sostegno di imprese e famiglie, hanno contribuito in particolare a portare un po’ di quiete nei mercati finanziari. A marzo si erano raggiunti infatti livelli di spread allarmanti, volatilità e perdite che hanno riguardato gran parte delle piazze europee (e non solo). E’ un dato di fatto che i mercati finanziari abbiano reagito positivamente  dopo le dichiarazioni rassicuranti della Bce, realtà che ha contraddetto le affermazioni di Lagarde all’inizio di marzo, allorché dichiarò che il controllo dello spread non è pertinenza della Bce, non ‘rientra nel suo mandato’. Affermazioni, com’è noto, che suscitarono l’inferno nei mercati finanziari,  ci sono volute alcune settimane per riportare un clima di fiducia accettabile. Nemmeno l’economia degli Usa in questo drammatico periodo di emergenza è immune dal forte impatto che il Covid-19 ha causato, imperversando in ogni angolo del pianeta. Già la Cina riflette sulle ferite riportate, ancora tuttavia sottostimate, dato che le conseguenze autentiche potranno essere suscettibili di valutazioni più esatte solo quando la pandemia sarà stata debellata, con la messa a punto di un vaccino efficace e disponibile ovunque. L’economia degli States non è invulnerabile, attualmente l’epidemia è ancora in fase ‘evolutiva’, ma sia la Fed che il Governo prendono atto dei colpi fortissimi subiti. Certamente anche qui il blocco dell’attività produttiva causerà conseguenze rilevanti. La recessione è ormai uno spettro che si aggira ovunque, e non risparmia neppure le economie più blasonate in termini di solidità. Si stima negli Usa in un solo mese si siano persi circa 20 milioni di posti di lavoro, con impennata del tasso di disoccupazione al 4,4%, al quale è seguito un diluvio di richieste di sussidi, con circa 22  milioni in più rispetto al periodo precedente l’epidemia. Eppure né la Fed né il Governo sono rimasti a guardare, la prima ha adeguato all’emergenza la sua politica monetaria, immettendo nel sistema 2.300 miliardi di dollari in liquidità, una linea di credito destinata alle aziende ed Enti locali, ma si sa che non saranno sufficienti ad affrontare il drago, ovvero la crisi incombente, peggiore di quella esplosa nel 2007/8. Il Cares Act ha messo a punto una serie di misure che equivalgono all’11% del Pil. Reazioni imponenti, senza precedenti nella Storia, perché l’emergenza che si è prospettata è veramente di grandi proporzioni. Le previsioni, da qualunque parte provengano, sono dure da accettare, ma purtroppo sono basate sul clima che si respira in questa drammatica congiuntura. Ci sono anche risposte propositive per quel che riguarda la situazione italiana. Secondo Intesa Sanpaolo il Paese può riprendersi con il sostegno del Mes (Meccanismo europeo di stabilità) e Bei (Banca europea degli investimenti, istituita nel 1954). Bisognerà attendere il prossimo appuntamento del Consiglio europeo, previsto  il 23 aprile, per capire se il Mes è una mezza fregatura per paesi come il nostro, oppure in questa circostanza diventa un traguardo da raggiungere senza il timore di condizioni pesanti per l’accesso ai finanziamenti. Secondo il parere di Paolo Cardenà, consulente specializzato di investimenti e finanza, ‘la prima opzione d’intervento efficace per il Paese in questo momento è la Bce’. Cardanà sostiene che è proprio la Banca Centrale in Eurozona che dovrebbe “rendersi garante, prestatore di ultima istanza per gli Stati membri dell’area euro.” Si tratterebbe di una condizione essenziale, anche perché, in questo momento, l’Unione europea è arroccata nei propri confini nazionali, ognuno impegnato a difendere i propri interessi. Eppure si dovrebbe affrontare questa crisi un maggiore senso di coesione, si tratta di una minaccia senza precedenti, e gli esiti non è scontato che finiscano nel volgere di breve tempo a lieto fine.