SFIDA DI NERVI TRA OSCAR ISAAC E BEN KINGSLEY (SU NETFLIX)

SFIDA DI NERVI TRA OSCAR ISAAC E BEN KINGSLEY (SU NETFLIX)

COSÌ IL MOSSAD RAPÌ EICHMANN IN ARGENTINA PER PROCESSARLOSFIDA DI NERVI TRA OSCAR ISAAC E BEN KINGSLEY (SU NETFLIX) Michele Anselmi per CinemonitorSiccome c’è chi apprezza, e ringrazio, continuo a segnalare film scovati su Netflix in queste giornate casalinghe per forza maggiore. Magari alcuni li avete già “consumati” se siete vecchi abbonati; dopo “Hell or High Water” e “La battaglia di Jadotville”, oggi vi sottopongo “Operation Finale”, ispirato a una storia vera, verissima. Come fu sequestrato in Argentina, ad opera di alcuni agenti del Mossad, il criminale di guerra Adolf Eichmann, uno dei più efficienti “artefici” della cosiddetta Soluzione Finale. Avvenne intorno alle otto di sera, il 10 maggio del 1960, nei sobborghi di Buenos Aires, dove Eichmann, arrivato anni prima dall’Italia sotto il falso nome di Ricardo Klement, si era nascosto insieme alla moglie e ai due figli, uno appena nato.Lo so, non mancano i film sul tema, incluso il notevole “Lo Stato contro Fritz Bauer”, che però rievoca quella storia dal punto di vista dell’onesto/discusso procuratore tedesco all’origine della “soffiata”; solo che “Operation Finale”, brutto titolo, si concentra più specificatamente sulla rischiosa missione affidata dal presidente Ben Gurion a quel piccolo gruppo di agenti israeliani, tra i quali Peter Malkin, poi autore di un libro autobiografico intitolato “Nelle mie mani”.Nel film di Chris Weitz, risalente al 2018, Malkin è incarnato dal bravo Oscar Isaac, l’attore americano di origine guatelmeteca che qualcuno ricorderà nel notevole “A proposito di Davis” dei fratelli Coen. In “Operation Finale” appare anche alla voce produttore esecutivo, il che significa che, ebreo o non ebreo (la faccenda è controversa), Isaac ha comunque sentito il bisogno di contribuire al progetto.Chi interpreta Eichmann? Ben Kingsley, con una punta del solito istrionismo misto al gusto del travestimento, in modo da rendere ambiguamente terribile, quindi capace anche di qualche battuta spiritosa, il nazista che organizzò lo smistamento dei treni, e non solo quello.Un po’ come succedeva nel fosco “Il debito” di John Madden, a sua volta remake di un bel film israeliano, l’azione del Mossad viene ricostruita con cura, senza risparmiare dettagli curiosi, nella logistica, negli intoppi e nell’esecuzione; anche se il “cuore” drammaturgico sta poi nel confronto serrato che si stabilisce, nella villetta disabitata dove gli israeliani si nascondono in attesa del finto aereo di linea, proprio tra Malkin e Eichmann.Dopo averlo sequestrato, forse per evitare prevedibili guai diplomatici con l’Argentina, il Mossad esige che il nazista firmi una lettera nella quale si dichiara disponibile ad essere processato in Israele; e naturalmente quello si rifiuta, sapendo che il suo destino è comunque segnato. Botte? Droghe? Torture? Non se ne parla. Però Malkin, protagonista in passato di qualche caccia al nazista finita male, sembra essere entrato in sintonia con quell’ometto un po’ insipido e stempiato, ferocemente lucido, un tempo irriso dai suoi stessi camerati. Intanto il cerchio sembra stringersi attorno ai sequestratori, perché nazisti locali e polizia compiacente sanno che Eichmann è ancora in territorio argentino.I flashback con Eichmann all’opera, stretto dentro la divisa inamidata mentre i suoi soldati stanno per massacrare cinquemila ebrei stipati in una fossa comune, sono inutili, girati maluccio, forse necessari solo a mostrare la faccia impassibile del carnefice quando era gerarca potente; più interessante è la dinamica psicologica all’interno dei sequestratori, pressati dagli eventi, soprattutto memori delle sofferenze atroci patite nei campi di sterminio dalle loro famiglie.In un crescendo di suspense, dentro una chiave classica da spy-story per nulla eroica, il film approda alla conclusione nota: Eichmann fu trasportato mezzo addormentato in Israele, sottoposto a un onesto processo ripreso dalle tv di mezzo mondo, infine impiccato il 1° giugno del 1962. Ucciderlo prima, in quella cadente villetta argentina, sarebbe stato un errore madornale.Sul versante femminile ci sono Mélanie Laurent e Greta Scacchi: la prima, esperta del ramo dopo “Bastardi senza gloria”, fa l’anestesista utile a sedare il rapito; la seconda, quasi irriconoscibile, è la gelida moglie di Eichmann.