HO FATTO UNA CHIACCHIERATA CON GIOVANNI VERONESI

HO FATTO UNA CHIACCHIERATA CON GIOVANNI VERONESI

ROCCAMARE (GR). “Sono in quarantena qui per caso. L’8 marzo ero venuto qui con Valeria, per fare delle cose. L’indomani Giuseppe Conte ha annunciato il lock down. E mi sono ritrovato qui: senza computer. Ma l’ho scambiato volentieri con questi pini”. “Sto scrivendo tutto a mano: in questi giorni ho scritto più di cento pagine, arrivo a sera che mi fanno male le dita. Non sapevo nemmeno più come fosse la mia grafia, all’inizio era incerta, non la riconoscevo. Poi ho capito quanto è bello scrivere a mano. Non siamo più abituati, nessuno di noi”. Giovanni Veronesi, di mestiere, scrive e dirige film. Ha scritto tutti i film di Francesco Nuti, tutti quelli di Pieraccioni, l’ultimo di Carlo Verdone. E ha diretto i tre “Manuali d’amore”. Uno col computer che fuma. Tranne adesso, quando dà fondo alle penne Bic trovate lì, nella casa tra i pini. “In fondo”, dice, “ho avuto una fortuna sfacciata”. Perché è nella sua Maremma, lì dove ha passato le estati da ragazzo, lì dove ha scritto quasi tutti i suoi film. Dove si sente a casa, più che a Roma, caput cinema, dove sono tutti anime erranti, in fondo. Roccamare è un angolo selvaggio di Maremma toscana. Vento, roccia, pini: una pineta fitta come i capelli del “genio” Makkox di Propaganda live. “A Roccamare la natura ti viene addosso, ti respira addosso. L’aria sa di rosmarino selvatico”. Qui Veronesi vive la sua quarantena con la compagna, l’attrice Valeria Solarino. Come vive questi giorni, Giovanni?“Se non ci fosse l’angoscia, sarebbero giorni in cui è possibile lavorare senza l’hip hop degli appuntamenti, delle interruzioni continue. Ma come tutti, sto attaccato alle notizie, e vivo l’ansia di tutti”. Che cosa le dà Roccamare, questo luogo che ama?“Qui sono venuto ogni volta che ho vissuto momenti difficili, Roccamare mi pulisce l’anima. Forse non è un caso che sia qui”. Quali ricordi ha delle sue estati da bambino?“Un signore anziano camminava sempre col suo cane dalmata: io lo sfioravo con la mia biciclettina, per spaventarlo. Seppi dopo che era Italo Calvino, uno dei più grandi scrittori italiani. Capii che gli alberi che ci circondavano erano quelli su cui lui faceva salire il Barone rampante, e che quella pineta era magica”. C’erano altri personaggi fuori dal comune?“Roger Moore: lo 007 più british passava lì le sue estati. Io mi appostavo davanti alla sua villa e cercavo di attirare la sua attenzione con mille gesti, per scoprire, alla fine, che chi si affacciava in giardino era solo la sua controfigura! Lui rimaneva nella villa”. Da Castiglione della Pescaia, lì vicino, partì l’impresa di Ambrogio Fogar, navigatore solitario che attraversò il mondo in barca. L’ha conosciuto?“Sì; ma soprattutto ho conosciuto il suo compagno di avventure Mauro Mancini, giornalista della ‘Nazione’, innamorato del mare. Persona meravigliosa: naufragarono insieme, sopravvissero 72 giorni senza cibo. Ma, per uno scherzo del destino, Mancini morì poche ore dopo esser stato tratto in salvo”. Siamo un po’ tutti naufraghi adesso. Quali colleghi sta sentendo?“Con Carlo Verdone ci sentiamo ogni giorno. Il film che abbiamo scritto insieme, ‘Si vive una volta sola’, è pronto ma chissà quando uscirà. Intanto ci scambiamo idee per il prossimo. Ma scegliere l’idea giusta per il film che uscirà dopo questa tragedia è delicatissimo”. Altri amici con cui scambia pensieri e impressioni?“I miei due ‘Moschettieri’ Pierfrancesco Favino e Sergio Rubini, che sono cari amici; Valerio Mastandrea, Rocco Papaleo e Alessandro Haber, che mentendo sostiene di leggere ‘Il colibrì’, il libro di mio fratello Sandro”. Lei ha scoperto nuovi libri?“Faccio fatica, oggi, a staccarmi dalla narrazione della realtà. E non credo mica tanto a tutti quelli che di colpo sono diventati instancabili lettori di capolavori, e che dicono di avere riscoperto la musica classica! Vorrei fare un gioco, e chieder loro: come si chiama il protagonista di quel romanzo?”. Qualche film lo avrà rivisto.“Mi ha colpito ‘Nelly e Monsieur Arnaud’ di Claude Sautet. L’ho visto di notte, mentre Valeria dormiva. L’indomani le ho detto: devi vederlo assolutamente, è bellissimo. E ‘La strada’ di Fellini: non avevo capito del tutto quanto fosse straordinario”. Ci insegna qualcosa questa tragedia?“E’ la malattia simbolo di questo momento della storia. L’uomo si era isolato, si era messo spalle al muro con i suoi computer, a credere di potersi bastare da solo. Il virus lo ha isolato ancora di più: forse, finalmente, l’uomo capirà che è necessario ritrovare il contatto con gli altri”. Ci sono storie “strane” che racconterebbe?“La realtà supera la mia fantasia. Conosco una persona che ogni giorno scrive nell’autocertificazione ‘vado in farmacia’, ma va a trovare l’analista. Alla fine, si è trasferita da lui. Un ‘transfert’ proprio fisico! E una signora sessantenne che, fermata dalla polizia sulla spiaggia, ha detto: multatemi, io non posso fare a meno della tintarella. Personaggi degni di finire dritti in un film”. Il cinema, in questi giorni, che valore ha?“Abbiamo capito tutti quanto cinema, musica, libri servano, in questo frangente, per farci sentire tutti meno soli. Quando sei costretto a stare in casa che cosa ti salva la vita? Stare in salute, parlare con i figli, se ne hai, e la cultura che non ti fa sentire solo”.