PUBBLICATO NELLA GAZZETTA UFFICIALE IL DECRETO FISCALE 2020

Il provvedimento ufficiale e definitivo è stato appena pubblicato nella Gazzetta Ufficiale N. 252/2029 (ieri 27 ottobre), dopo il vaglio del Presidente della Repubblica, che lo ha firmato. Entra così in vigore il decreto fiscale 2020 – decreto legge N. 124/2019, collegato alla Legge di Bilancio. Con i suoi 60 articoli il Governo ha diretto il focus sulle misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva (e all’uso del contante), ma tra gli esperti del fisco sono già in atto discussioni e polemiche sui reali intenti del Governo, dato che in realtà le nuove norme sembrano orientate in primis al recupero di risorse. Attraverso l’entrata a regime dei provvedimenti si prevede infatti di portare nelle casse dell’Erario circa 3 miliardi di euro in termini di gettito aggiuntivo, in virtù del controllo esercitato sull’evasione tendenziale dei contribuenti. Tra le novità che cambieranno le abitudini degli italiani c’è il calo di soglia del contante, e un inasprimento delle pene sugli anni di carcere per gli evasori, ma è prevista anche l’abbassamento della soglia al di là della quale scatteranno le manette. Tra i cambiamenti l’incentivazione all’uso della moneta elettronica, con la cosiddetta ‘lotteria degli scontrini’, una per l’esercizio commerciale e l’altra per il consumatore, previsto allo scopo un finanziamento di 45 milioni di euro. Ci sono già diversi esponenti politici che si oppongono al carcere per gli evasori, in primo piano il vice ministro dell’Economia Antonio Misiani, il quale sostiene che per ridurre l’evasione il passaggio cruciale è l’incentivazione della moneta elettronica, non il codice penale. Misiani è del parere di ‘rivedere’ anche la tassa sulle bibite gassate. Difende comunque le misure della manovra, e infatti dichiara in merito al quotidiano Repubblica: “Si tratta di una manovra che risparmia agli italiani la ‘Salvini tax’, che considera ‘il tratto distintivo della manovra’ poiché evitando il disinnesco delle clausole di salvaguardia Iva, si risparmia in media alle famiglie oltre 540 euro”. Se i primi a mettere in discussione l’efficacia delle misure contenute nel decreto fiscale, sono gli stessi esponenti politici che sostengono il Governo, significa che sussistono ragioni e criticità che si potevano in qualche modo contenere o ridurre. E non si tratta solo dell’inasprimento delle pene agli evasori, è lo ‘spirito’ stesso dei provvedimenti che sfiorano eccessi suscettibili di critiche, anche severe negli ambienti degli ‘addetti ai lavori’ nel versante tributario. E’ pur vero che in seguito alle conseguenze della disastrosa politica economica posta in essere dal precedente Governo – con pesanti risvolti per le finanze dello Stato e aumento dell’indebitamento – il nuovo esecutivo sente l’urgenza di recuperare risorse, ma forse la lotta per il contrasto all’evasione diventa quasi un fine ‘subalterno’ rispetto a quello di colpire il contribuente, già piuttosto tartassato, anzi tra i più ‘bistrattati’ in Europa. Certamente un anno di rivolta dei mercati finanziari, e lo spread che ha marciato a velocità sostenuta per tutta la durata del precedente esecutivo, ha causato danni e non ha sicuramente contribuito ad alleggerire il debito pubblico. Il rimedio doveva essere una pillola amara, e questo era già nell’aria, in fin dei conti a pagare gli errori e la mancanza di efficienza degli amministratori pubblici sono sempre i cittadini. Secondo gli esperti tuttavia, il decreto, così com’è strutturato, rischia di ‘aggredire’ i piccoli contribuenti, quindi le famiglie e le imprese. Meno le multinazionali, per esempio, che se la sono sempre cavata a buon mercato gli anni scorsi con le sanzioni irrogate dall’Agenzia delle Entrate, versando, tramite patteggiamento, il 20% circa dell’importo esatto dalle Autorità italiane, ovvero spiccioli. Google, Facebook, Amazon e altre multinazionali, hanno usufruito di questi ‘maxi condoni’, mentre il contribuente, in proporzione subisce un trattamento ben più severo. Per i giganti del web la verità è che l’Italia è un gran bel paradiso fiscale, e lo dimostra il fatto che per il 2018, i big dell’hi-tech hanno versato solo 37 milioni di euro: si argomenta poi intorno ad Airbnb, Uber, Facebook, Apple, Amazon e altre. Di fatto restano privilegiate rispetto alle grandi imprese del Paese, che in proporzione versano ben più di questi giganti. Così Facebook, Google, Apple e Amazon hanno patteggiamento 825 milioni di versamenti all’erario, quale risarcimento per la mancanza di ‘compliance fiscale’ negli anni passati. Quasi una beffa. Sono considerazioni che incidono poi sulle critiche ai provvedimenti anti-evasione, che dovrebbero davvero essere più aspri per queste big del web, le quali concludono affari sostanziosi nel Paese, ma finora hanno fatto di tutto per bypassare le norme sul Fisco italiano. Bisogna dire, se può confortare, che l’Italia non è la sola ‘vittima’ delle multinazionali, con redditi enormi, e basterebbe pensare ad Amazon.. Che cosa cambia ancora il decreto fiscale appena pubblicato in Gazzetta? Tanto, le compensazioni fiscali sono un punto importante, certamente tra i meno graditi al contribuente, in quanto tali compensazioni richiederanno tempo per essere recuperate. Con un credito che superi le 5mila euro, per esempio, qualora s’intendesse utilizzarlo in compensazione, è necessario in primis richiedere l’intervento di un commercialista che dovrà apporre il cosiddetto ‘visto di conformità’, quindi attendere la presentazione della dichiarazione dei redditi. Ed è necessario il decorso di 10 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione fiscale di riferimento. La novità sulle compensazioni consiste sul fatto che si estende ciò che attualmente è previsto per la dichiarazione IVA anche a quella dei redditi, Irap e modello 770. Pertanto un doppio vincolo alla possibile compensazione. Di fatto, una persona fisica che reclama un credito fiscale nel corrente anno, non potrà utilizzarlo prima del terzo trimestre del 2020, e a giustificazione di questo ritardo, ci sono le varie procedure burocratiche d’intralcio e i relativi controlli. Pertanto nella successiva dichiarazione di giugno si dovrà versare l’acconto, il compenso arriverà più avanti e a giugno non lo si potrà utilizzare. Non c’è da rallegrarsene: anziché rendere più elastica e snella ogni procedura, si tende a complicarla, ma in questo caso (quasi sempre tuttavia è così, basti pensare ai rimborsi Inps..) ad avvantaggiarsene è lo Stato, e non certo quale ‘effetto collaterale’ involontario. E’ pertanto difficile parlare di evasione fiscale quando i provvedimenti per il contribuente risultano così contorti. Altra nota non meno dolente riguarda le ‘maxi sanzioni’ sui modelli F24, per i quali un errore può costare caro: si parte da mille euro di sanzione per ogni modello ‘di scarto’, e non è neppure consentito avvalersi del ‘cumulo giuridico’, norma che permette di ridurre le sanzioni nel caso di errori multipli involontari dello stesso tipo. Il decreto ha previsto controlli sui dati delle fatture elettroniche eseguite dall’Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, che diventano strutturali: su tali controlli (sui file relativi alle fatture elettroniche) si può procedere in un arco di tempo di otto anni. Come si è accennato è un sistema fiscale che perfino gli esperti, i quali ogni giorno si misurano con queste norme, trovano complicato e profondamente ingiusto, in quanto colpiranno molto più facilmente i piccoli contribuenti e risparmieranno i giganti dell’hi-tech. In 60 articoli sono dunque contenute alcune delle misure principali della manovra, tranne le nuove tasse su bibite gassate e plastica, e neanche il cosiddetto ‘premio della befana’, per chi pagherà da luglio con la carta. Né lo stop all’aumento dell’Iva, tutti i provvedimenti attesi nella Legge di Bilancio. Salta anche la norma che dava accesso ai fondi della cooperazione da parte delle imprese operanti nel settore della difesa. Mentre arriva una riduzione del secondo acconto di Irpef Irap e Ires delle dichiarazioni per le partite Iva che applicano gli Isa, ossia gli indici che hanno sostituito gli studi di settore. Infine trova posto nel decreto il rifinanziamento di 400 milioni del prestito per Alitalia che vuole sostenere l’ultimo fase della cessione della Compagnia aerea.