TRA MASSONERIA, INCHIESTE PENALI E CODICE M5S, I PRECEDENTI INCONFESSABILI DEI CANDIDATI LAST MINUTE
A liste chiuse, dallo status di candidato non ci può dimettere. Si può ovviamente rinunciare, farlo sapere pubblicamente e, di fatto, invitare gli elettori a indirizzare altrove il proprio consenso. Ma quella casella, di fatto vuota, non potrà essere occupata da nessun altro nome perché, formalmente, rimane occupata e, in ogni caso, scaduti i termini, nessun nuovo nome può essere aggiunto. E ad essere penalizzata è la lista che su quel candidato aveva puntato.Mai in passato, il caso si era presentato così frequentemente come in questi anni che vedono il M5S protagonista nello scenario politico ed elettorale. Le ragioni sono evidenti: il movimento non ha una realtà organizzata, articolazioni territoriali e gruppi dirigenti se non nella forma di quelle decine di migliaia di iscritti che partecipano esclusivamente on line al dibattito interno e ai procedimenti decisionali. Le occasioni di incontro fisico e di contatto off-line, cioè reali, sono pochissime e riguardano appena qualche decina di persone in ogni meet-up nei vari comuni e quartieri delle grandi città.Da quando la forza elettorale del movimento fondato da Beppe Grillo è cresciuta, decine di migliaia di aspiranti parlamentari lo hanno preso di mira, a caccia di un posto in lista. Finora però la necessità di un’adesione datata almeno all’anno precedente non consentiva opportunismi dell’ultima ora. L’apertura agli “indipendenti” operata, nei collegi uninominali, per la prima volta in queste elezioni, ha scatenato gli appetiti. E così è cresciuto il numero dei casi di incompatibilità per difformità rispetto alle prescrizioni del Codice etico. Finora ciò era successo soprattutto in riferimento a condanne penali nascoste dai candidati o a carichi pendenti in procedimenti in corso.Il caso del candidato nell’uninominale del collegio Campania 3 è invece del tutto nuovo e investe, per la prima volta, l’appartenenza alla massoneria.Catello Vitiello, avvocato quarantenne, quando sottoscrisse l’accettazione della candidatura era in regola – così assicura – con il codice etico. Nel senso che si era dimesso, proprio per potersi candidare, dalla loggia massonica alla quale apparteneva, la “Sfinge di Napoli” del Grande Oriente d’Italia.Per Luigi Di Maio, “capo politico” del M5S questo non basta in quanto il professionista ingaggiato per vincere nel collegio aveva omesso di riferire di questa sua appartenenza, incompatibile con la candidatura nel movimento.Di Maio gli ha intimato di ritirarsi, Catiello non ci pensa nemmeno, sicché saranno gli elettori a decidere. Il M5S comunque ha già perso nel collegio dove non avrebbe comunque un proprio parlamentare visto che, nell’eventualità che venisse eletto, lo ha già “espulso” e diffidato dall’usare il simbolo. Il che, con ogni probabilità gli impedirà di entrare a Montecitorio, visto che nell’uninominale per farcela dovrebbe avere un buon successo e ciò difficilmente potrà avvenire in assenza del sostegno del movimento. Cosa diversa sarebbe stata nel collegio plurinominale nel quale gli elettori non avrebbero certamente potuto penalizzare l’intera lista per escludere uno solo dei nomi “scomunicato” dal capo.L’incidente è normale già nella vita reale di partiti e movimenti in cui è sempre possibile che qualcuno riesca a nascondere un elemento della propria biografia. Lo è ancora di più in un mondo nel quale gli oltre centomila iscritti e votanti on line non si conoscano fisicamente, ma solo attraverso il proprio nickname, mentre la straordinaria progressione di risultati che in dieci anni ha portato il M5S da zero ad un potenziale di circa il 30 per cento di voti (il 25% già cinque anni fa) ha spinto in un tempo brevissimo, insufficiente a consentire una conoscenza capillare, migliaia di persone ad entrare nell’area del movimento.Nella casistica recente, l’incompatibilità per adesione alla massoneria non ha precedenti e pone il tema della considerazione sociale di quest’organizzazione, oggi ridotta ad uno dei punti più bassi della sua reputazione pubblica, non molto al di sopra del momento in cui, oltre 35 anni fa, scoppiò lo scandalo della P2, una sorta di loggia massonica “deviata” schierata da Licio Gelli sul terreno di efferate scorribande criminali per attentare all’ordine costituzionale democratico, ricercando i mezzi economici per l’impresa nel crimine economico e finanziario, con le complicità della mafia siciliana e degli spericolati affaristi dello Ior, la banca del Vaticano.Il Grande Oriente d’Italia si presenta come un’associazione finalizzata al progresso, alla filantropia e alla solidarietà. Il suo portale racconta di ben 855 logge in Italia (una di esse è proprio “La sfinge” cui era iscritto Vitiello) con circa 23 mila iscritti. Lo stesso aspirante deputato rivendica la purezza della sua esperienza, “un hobby”, in nome degli ideali di tanti adepti come – cita Vitiello – Croce, Voltaire, Mozart, Wilde, Doyle, Fermi, Carducci, Bixio, Beccaria, Mazzini, Totò. E tanti altri potremmo aggiungerne, come Garibaldi “primo massone d’Italia”.Ma le reputazioni sociali non nascono mai per caso e, soprattutto, se durano nel tempo, hanno basi solide su cui poggiare.Se anche, 37 anni dopo la scoperta shock del suo elenco segreto, volessimo totalmente ignorare la vicenda – ancora oggi grave e inquietante – della loggia P2, non c’è dubbio che da molti anni il nome di molti massoni è legato a vicende poco edificanti di malaffare, malcostume o vere e proprie imprese criminali perseguite in nome di quella solidarietà interna che genera traffico d’influenze.Ma c’è di più perché, appena due mesi fa, l’allora presidente (uscente ed oggi praticamente ex) della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi ha lanciato un allarme specifico, con dati inquietanti: 193 persone indicate dalla Direzione nazionale antimafia come iscritti in procedimenti penali fanno parte della massoneria. <
