A PROPOSITO DELLA POLEMICA SU DACIA MARAINI
Molti anni fa, fra il 1956 e il 1957, Franco Fortini e Pier Paolo Pasolini furono protagonisti di una lunga, e certamente dura, ma certamente profonda, polemica. Mi rifaccio sempre a quella non per nostalgia del passato fine a se stessa, ma per chiarire che non è per buona educazione formale che provo, molto spesso, un senso di smarrimento quando, nei social, ci si adagia nell’onda di sdegno che finisce per andare al di là dell’oggetto della polemica stessa (un testo, un fatto) e si abbatte sulla persona, ma in quell’abbattersi porta con sé, come fanno le onde, i detriti di quel che proviamo davvero, e quasi sempre senza che ce ne rendiamo conto.Mi riferisco alla polemica che riguarda Dacia Maraini per il suo articolo sul Corriere della Sera. Un articolo la cui frase incriminata è grosso modo questa: “molti, proprio dentro la Chiesa, hanno rifiutato i principi del vecchio Testamento, il suo concetto di giustizia come vendetta (occhio per occhio, dente per dente), la sua profonda misoginia, l’intolleranza e la passione per la guerra”. Ora, non entro, buona ultima, a commentare e controargomentare questo punto, anche se la mia sensazione è che parlare di antisemitismo sia senza senso. Ma, ripeto, non entro nel punto.Entro in una faccenda che invece mi sta molto a cuore: perché quel che ho letto in queste ore mi ha dato la sensazione che la maggior parte di chi l’ha attaccata, in maggioranza donne, non cercasse altro che il pretesto per farlo. Ho letto cose come, in ordine sparso, “pseudo-intellettuale”, ” questi spocchiosi/e continuano a trattarci come caproni da istruire e i caproni sono loro e devono quindi smetterla di sproloquiare”, e via di bacheca in bacheca.E’ ingenuo da parte mia pensare che, magari, sarebbe cosa utile per tutti controbattere serenamente sui punti che non ci trovano d’accordo. Serenamente e duramente, intendo. Ma leggendo tutto insieme, ripeto, sembra di assistere a una platea che trattiene il fiato aspettando che chi è sul palcoscenico inciampi, per esplodere in una risata di gioia feroce. L’ho visto già accadere, e accade ancora, con altre donne “visibili”, come Michela Murgia. E sempre da parte di donne, per lo più.Cosa voglio dire, che bisogna essere sorelle? Neanche un po’, non ho mai creduto al fatto che non ci possa criticare vicendevolmente. Ma criticare, non spellare vive. Perché davvero, sempre ingenuamente, mi chiedo cosa aggiunga alle vite di chi attacca tutto questo, dal momento che, lette da fuori, sembrano vite placide e soddisfatte, con belle famiglie, animali domestici, case grandi, vacanze sulla neve.Probabilmente è il mezzo che ci porta a eliminare ogni filtro, come è stato detto e ridetto. Ma se si elimina il filtro, e quel che emerge è ciò che pensiamo davvero, non stiamo messi bene. Ed è questo che mi sta a cuore, appunto. E’ questo che sogno: trovare altri modi per usare questo posto, senza trasformarci in branco.Perché scrivo questo? Molto semplice: perché l’ho fatto altre volte quando si alzava l’onda. Perché qualcuno l’ha fatto per me, quando l’onda ha colpito me: e non l’ho mai dimenticato. Perché si sta molto male, vi assicuro, quando si viene colpiti. Molto. E non ve lo auguro.Se poi volete chiamarla solidarietà di casta, care e cari, sono affaracci vostri.
