CIAO, GIANFRANCO CIVOLANI

CIAO, CIVCiao, Civ. Quando ci conoscemmo, avevo quindici anni o su di lì, volevo fare il giornalista, cercavi un galoppino. Mi desti fiducia, ci demmo del lei, io a te (naturalmente) e tu a me (sorprendentemente) per un sacco di anni, molti davvero. Adesso che un amico mi ha telefonato per darmi la notizia, egoista che non sono altro penso a un’altra notizia, quella che il 7 giugno 1966 uscì su «Tuttosport», un tabellino e dieci righe di baseball da Casalecchio, con una sigla, «r. b.»: le mie iniziali. Provai un orgasmo, uno dei primi. I maestri si vedono anche da come accolgono, allevano e spronano gli allievi.Devo a te se, nell’agosto del 1970, sono andato a Torino, assunto da Giglio Panza, a curare il basket. E poi il calcio. E poi, e poi. Ma non è questo il momento dei pastoni. Ciao, Civ: sì, proprio come narrano che, non ricordo dove, ti avesse apostrofato Pelé. Ogni Natale, sfornavi un libro. Politica, cultura (teatro, soprattutto), basket, baseball, pugilato: e il Bologna, naturalmente. Il tuo Bologna. E la radio. E la televisione, beato fra le (due) Torri.Come faccio a dimenticare quando mi mandavi a Forlimpopoli per un’amichevole del Cesena, o mi facevi contattare dal bidello del «Minghetti», il mio liceo classico, durante le ore di chimica, perché «potrebbe fare un salto (lei, cioè io) a Ravenna per seguire il Toro?». E via, all’avventura.Non hai mai voluto lasciare Bologna, città mamma se ce n’è una. Era troppa tua. Più che fuggire da lei, fuggivi dai posti che da lei ti separavano, per ritornarci il più presto possibile. McLombard (Gianfranco Lombardi), il barone (Gary Schull) e Giacomino (Bulgarelli): non era mestiere, era passione.Gianfranco Civolani, 83 anni a braccio, e quelle telefonate pomeridiane alle quali rispondeva la mamma: «Signora, sono Civolani, c’è Roberto?». Ciao, Civ. Grazie di tutto.