“COMPRO ORO”: IL TERMOMETRO VARIABILE DELLA DIFFICOLTÀ
STORIE D’ORO.Cinque anni fa, nel tratto di corso Vercelli di Barriera di Milano, il quartiere dove si respira più forte il disagio in città, si contavano cinque insegne di compro oro in un chilometro di marciapiedi. Quasi una ogni angolo. Oggi, invece, ne è rimasta soltanto una. Ed è così piccola che non è facile scorgerla. L’oro non luccica più come una volta. Anche perché questa non è la conta di botteghe in via d’estinzione, come le mercerie o le latterie. È quella nuova generazione dei «banchi dei pegni», dove la gente si mette in coda per vendere collane, anelli e preziosi in cambio di qualche euro. […]in via Monferrato ha aperto l’ultimo compro oro della città. Ha preso il posto di una storica agenzia immobiliare. Il quartiere è quello chic della Gran Madre. Per i residenti è stato uno choc. Ma dietro a quella nuova insegna c’è molto di più che la paura di dover convivere con un’attività commerciale che potrebbe attirare qualche brutto ceffo. C’è la cartina di tornasole di un settore che vede ridursi drasticamente il suo giro d’affari. E per sopravvivere ha deciso di puntare su zone signorili che fino ad oggi sembravano quasi immuni alla crisi. «Dopo il boom del mercato, negli ultimi tre anni è iniziata una lunga battaglia sulle quotazioni che ha fatto crescere la concorrenza. I primi a cedere? Sono stati i negozi in franchising che pagavano anche 15 mila euro per l’affiliazione». A spiegarlo è Romina, 27 anni, da un compro oro di corso Vercelli. Parla con lo spray al peperoncino nascosto in tasca, dietro al bancone protetto da una vetro antiproiettile, controllato da più di una telecamera. La sicurezza rimane l’incubo di questi negozi. In strada Lanzo, in fila per vendere le collane della cresima […] c’era Francesco, 27 anni. «Da oltre due sono disoccupato – dice -. Sono qui per pagare le bollette», racconta l’ex scaffalista di Auchan. Il copione dei clienti è sempre lo stesso. Anche se la miniera non è così fornita come una volta. «Gli affari sono calati. E la città se è in qualche modo abituata ai nostri negozi», dice dall’interno il proprietario. Sulla porta ha una cartello extra-large che pubblicizza l’offerta di 36 euro al grammo per oro 24 carati. È uno dei tanti stratagemmi usati per attirare i clienti, come le nuove gioiellerie low-cost, che vendono «preziosi rigenerati» al 60% in meno dei listini del nuovo. Ci si arrangia anche così, quando il margine di guadagno che si aggira ormai attorno ai 7 euro al chilo. A TORINO COME DAPPERTUTTO.Questo resoconto lo troviamo sull’edizione torinese della Stampa e si riferisce ad un complesso di cambiamenti in atto dall’inverno scorso. Partiamo da qui per raccontare uno dei tanti fenomeni che per “induzione” affrescano la realtà tutta del nostro Paese. Tra il 2010 e il 2011 in Italia, ce ne siamo accorti in massa all’epoca, una delle poche attività fiorenti ed in continua crescita era rappresentata dai “compro oro”. Nel pieno di una crisi economica che ha avuto anche degli importanti cascami politici (il 6 settembre 2011 è crollato l’ultimo governo Berlusconi e su quell’evento dopo più di 6 anni ancora si ricama da parte di molti), “spuntavano” letteralmente “come funghi” i “compro oro”, gli esercizi commerciali, che tante volte prendevano il posto di negozi storici “turbando” la memoria dei meno giovani, nati per acquistare e non per vendere, nati per incassare oro in cambio di contanti. Il motivo di un trend così positivo era facilmente intuibile: il bisogno degli italiani di “far quadrare i conti”, di “arrivare a fine mese”. NUOVA REGOLAMENTAZIONE E VECCHI RISCHI.Dal 2017 è entrata in vigore una disciplina che rende più regolamentata l’attività dei “compro oro”, il tutto è avvenuto non senza varie lamentele da parte degli esercenti. In buona sostanza la legge cerca di evitare o quantomeno di rendere più difficoltosa l’attività del riciclaggio del danaro sporco. Sulla Gazzetta di Parma sono state raccolte le impressioni di alcuni esercenti: Dall’obbligo di utilizzare un conto corrente dedicato al limite di 500 euro per i pagamenti in contante. Sono alcune delle novità entrate in vigore con la stretta introdotta nel 2017 dal Legislatore, un impianto che detta nuove regole per il settore dei compro oro.Circa sei mesi dopo l’introduzione del Decreto legge restano dubbi e perplessità tra gli operatori del settore che giudicano eccessivo l’aumento della burocrazia. Sulle nuove regole introdotte di recente il giudizio è piuttosto negativo. Spiega il referente del negozio di compre oro di via Spezia: «non ne parliamo, sono norme difficili da mettere in atto – è il primo commento – secondo chi le ha predisposte dovrei fare il poliziotto e anche lo spione, segnalando, ad esempio, le persone che si presentano per tre volte. Qui tutto si è sempre svolto regolarmente e questa rigidità non fa che creare nuovi problemi». Dubbiosa anche la referente del compro oro in via Emilia Ovest. «Le foto degli oggetti e l’anagrafe dei clienti erano già prassi quotidiana – spiega – ora è stato introdotto il Registro e il limite sui contanti che da 3.000 euro scende a 500». Per quanto riguarda il business, anche questo negozio conferma che l’affluenza è aumentata nella prima parte di dicembre, “tasse e regali in vista hanno inciso”. E’ però un fatto acclarato come tante volte la criminalità organizzata, in un recente passato, con una normativa dalle maglie più larghe, abbia utilizzato spesso e volentieri il canale dei “compro oro” per “ripulire” i propri “beni impresentabili”. LA FINE DEL TESORETTO.Già nel 2015 appariva però chiaramente la fine del trend positivo: Le famiglie italiane hanno esaurito il tesoretto. Il settore del “compro oro”, dopo il boom degli anni 2010 e 2011, ha conosciuto infatti una forte contrazione, con una crisi che ha portato alla chiusura di tredicimila aziende nel triennio. È quanto emerge dai dati diffusi da Oroitaly (l’organizzazione che riunisce le pmi dell’oreficeria). “La versione realistica – afferma Gianni Lepre, segretario di Oroitaly – è che gli italiani hanno dato via il loro tesoretto e si sono impoveriti ulteriormente”. Ma ecco in particolare i dati del settore orafo, le aziende sul territorio italiano sono passate da circa 35 mila a 22 mila, con un fatturato medio praticamente dimezzato. Se prima, infatti, le aziende del settore fatturavano circa 550-600 mila euro l’anno, oggi i ricavi annuali non superano le trecentomila euro. “Tutto questo – aggiunge Generoso De Sieno, orafo e Presidente di Oroitaly – ha portato alla perdita di migliaia di posti di lavoro e alla curva discendente nella traiettoria di forte espansione dei negozi compro oro ad inizio decennio” (leggo.it). UN TESORETTO PIU’ GRANDE.Il Presidente di Oroitaly parlando di fine del tesoretto ci fornisce un assist perfetto per svolgere un’analisi più ampia. Partiamo dai fatti: nel pieno dell’imperversare di una crisi economica globale che ha profonde (anche se non uniche) radici nella condotta finanziaria scellerata degli operatori americani nel 2007-2008 gli italiani tentano di mantenere uno stile di vita dignitoso vendendosi letteralmente “l’oro di famiglia”. Banalmente, ce lo ricorda il succitato Presidente, l’oro finisce prima o poi, aumenta anche, ci dicono altri commentatori, la concorrenza tra esercenti che acquistano oro, il risultato è presto detto, aprire un’attività del genere non è più un’investimento privo di rischi ed online possiamo trovare siti che consigliano ai neofiti imprenditori del settore su come muoversi in queste relativamente nuove ed agitate acque. C’è però un aspetto a nostro avviso più interessante evocato dalla parola “tesoretto”, essa, per associazione, rimanda ad un altro tesoretto, quello “generazionale”. Dati alla mano, ma è questione nota, dagli anni ‘70 del Novecento in poi, nel nostro Paese, sono state sfornate per la prima volta dal Secondo dopo Guerra, generazioni più povere delle precedenti, generazioni in cui la pensione dei nonni foraggia i nipoti invece di agevolare un buen retiro alle Canarie. Questa è la logica, non scelta ma indotta, dell’erosione della ricchezza che in senso ampio esautora un patrimonio di lavoro da formichine previdenti del passato ed in senso più contingente e limitato svuota gli ori di famiglia in un moderno banco dei pegni. LA STORIA DELL’ORO, LA STORIA DEL MONDO.L’oro, da sempre, è investito di svariati significati. Da sempre è un bene rifugio ed ora più che mai può avere molti meno rivali visto che “investire nel mattone” al netto della “ripresina” del settore immobiliare non è più una certezza; l’oro ancora è merce di scambio; l’oro è simbolo di ricchezza, è, più nello specifico, ricco di qualità non solo in ambito voluttuario ma anche nel campo informatico essendo un apprezzato conduttore; di più, la perfezione geometrica di rapporti architettonici che rispecchiano modelli naturali la chiamiamo “rapporto aureo” e così via evocando… c’è forse un aspetto psicologico però più importante: ancora da sempre l’oro è il sintomo dell’eterna precarietà ed incertezza delle avventure umane, più del dollaro appare una scialuppa di salvataggio in un oceano cangiante di torri che crollano e mega banche d’affari che falliscono (trascinando nel baratro il globo ma non i propri amministratori), un mondo in cui svaniscono i confini tra Paesi e in cui auto proclamate monete elettroniche virtuali come i Bit Coin cambiano vertiginosamente di valore al primo battito d’ali…Potremmo raccontare la storia moderna attraverso l’oro, la dottrina dei mercantilisti suggeriva ai re di zavorrarsi d’oro, esso quindi valeva più della terra tanto amata dai fisiocratici (“è l’unica che dà frutti” affermavano questi ultimi), l’oro è stato fino agli anni 70 il punto di riferimento ultimo per il cambio di moneta: era possibile convertirete la valuta in dollari e i dollari in oro, fino a quando tutto ciò è stato impedito per evitare improvvidi svuotamenti della Federal Reserve. Di oro sono piene anche le casse della BCE e quell’oro viene spesso estratto in condizioni disumane da i nuovi schiavi dei paesi poveri. L’oro racconta anche il mutare dei tempi, tempi in cui i phablet si mangiano i tablet ed entrambi sono più graditi da un’adolescente rispetto ad una catenina. La storia dell’oro, sparito dai comò delle signore per finire rigenerato in un negozio cheap di preziosi o nel mercato internazionale dopo la fusione, racconta non solo della fuga di se stesso ma anche della fuga del futuro certo assieme a quello dei cervelli e di tante speranze con cui si sono nutrite generazioni: “studia e impegnati perché avrai una vita migliore”.
