LA POLITICA DELL’OBLIO
LA NOTIZIA.In data 23 ottobre su repubblica.it troviamo un articolo con questo titolo: “Diritto all’oblio sul web, no da Strasburgo, sì dal Senato”. Se talvolta il titolista “calca la mano” per carpire l’attenzione del potenziale lettore non è però questo il caso, leggendo per intero il testo possiamo dire che il nostro uomo ha fatto bene il suo mestiere nella duplice veste di “sirena per naviganti” e di “uomo sintesi”. LA QUESTIONE.Ecco parte dell’articolo di Liana Milella sul quotidiano: “Diritto all’oblio, un no netto da Strasburgo e, giusto in contemporanea, un sì, altrettanto netto, dal Senato italiano. Su un tema sensibile e assai discusso – come il diritto del singolo di chiedere la definitiva cancellazione di una notizia che lo riguarda, e che egli ritiene diffamatoria, dagli archivi dei giornali e quindi anche dalle pagine web – arriva una doppia e opposta lettura. La prima è quella del 19 ottobre, contenuta in una decisione della Corte dei diritti umani di Strasburgo (la 71233/13), che esamina il ricorso di un uomo d’affari ucraino, Fuchsmann, residente in Germania, che si riteneva diffamato da un articolo su di lui del New York Times, in cui si parlava di suoi rapporti con la criminalità, e chiedeva ai giudici della Corte internazionale di cancellare la notizia. Fuchsmann aveva rivolto la stessa richiesta alle toghe tedesche che gli avevano risposto picche. E picche è arrivato anche da Strasburgo che, nel bilanciamento di interessi tra diritto alla libertà di stampa e diritto alla reputazione, ha ritenuto vada privilegiato il primo. Soprattutto perché gli archivi dei giornali sono un bene da proteggere, per il loro valore educativo e in quanto fonte di presenti e future ricerche storiche […]. Ma purtroppo in Italia si va esattamente nella direzione opposta, perché al Senato, in commissione Giustizia, dov’è ancora in discussione il disegno di legge sulla diffamazione, la settimana scorsa è stato annunciato un emendamento della relatrice Rosanna Filippin, che vuole incaricare il Garante della Privacy Antonello Soro di decidere sulle notizie ritenute diffamatorie da cancellare, anche in assenza di un condanna definitiva che attesti l’effettiva diffamazione”. UNA BUSSOLA PER CHI LEGGE.Non è necessariamente richiesto a chi vuole informarsi su quanto accade in Europa e nel mondo che questi possegga una formazione strettamente giuridica, quindi la questione va inquadrata con dovuta proprietà. LA CORTE DI CUI SI PARLA.La Corte Europea per i diritti dell’Uomo non è un organismo dell’Unione Europea, non si deve cadere nell’errore di confonderla con la Corte di Giustizia Europea di cui parleremo a breve. La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo è un organismo extra UE che chiama in causa i Paesi aderenti al Consiglio d’Europa anch’esso non appartenente all’Unione Europea. La suddetta Corte interviene su ricorso di un singolo cittadino (o di uno Stato) dopo che sono già state intraprese ed esaurite le procedure giudiziarie previste nello Stato di appartenenza e qualora si ravvisi che sia stato violato un diritto previsto nella Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Le decisioni della Corte non sono immediatamente applicabili ma richiedono che lo Stato le recepisca con una sua successiva attività normativa. Silvio Berlusconi per esempio attende con ansia il 22 novembre prossimo venturo, data in cui sarà audito proprio presso la Corte in merito alla presunta lesione dei suoi diritti ad opera della legge Severino che l’ha fatto decadere da Senatore. LA CORTE UE.La Corte di Giustizia dell’Unione Europea per contro è un organismo dell’Unione Europea che vigila sull’osservanza da parte degli organismi UE e dei singoli Stati membri della normativa europea (l’Italia per esempio si è accontentata di pagare delle multe all’Unione perché violando la normativa non aveva attivato il numero unico 112 per contattare le autorità di pubblica sicurezza). IL CONSIGLIO D’EUROPA.Il consiglio d’Europa si presenta così nella sua homepage: “Il Consiglio d’Europa è la principale organizzazione di difesa dei diritti umani del continente”. IL DIRITTO ALL’OBLIO.Il diritto all’oblio inizialmente era nato come categoria meramente giurisprudenziale (vediamo di seguito cosa sia “la giurisprudenza”) sia a livello italiano che europeo. Sull’argomento è intervenuta prima la Corte di Giustizia Europea nel 2014 sancendo il diritto all’interessato di chiedere che una data informazione disponibile in rete, non risulti più a disposizione degli utenti; successivamente, in merito alla protezione dati personali, è intervenuto un regolamento UE che ha direttamente forza di legge nei singoli Paesi. GIURISPRUDENZA.Spieghiamoci: con l’importante esclusione del diritto penale in cui se non c’è una legge che vieta qualcosa nessuno può essere chiamato in giudizio, negli altri ambiti un giudice deve sempre fornire una risposta se chiamato in causa. Talvolta capita che non esista una legge riguardo un determinato argomento, ecco allora che il togato per rispondere deve utilizzare altri strumenti, può agire per analogia (andando a cercare una legge che si occupa di casi simili) o quando è proprio sfortunato e non trova neppure una legge che si occupa di casi simili si deve affidare ai principi sottesi all’ordinamento. Fingiamo di personificare l’ordinamento giuridico: esso diventa nostro padre, nostro padre è lontano e irraggiungibile, possiamo però chiederci “cosa farebbe o direbbe nostro padre in questa situazione”?, ciò che non è scritto è sotteso, è il motore che muove l’ordinamento. La giurisprudenza italiana (l’insieme delle sentenze), prima di una normativa specifica, aveva considerato il diritto all’oblio come un’estensione del diritto alla riservatezza: un giornale, sia esso cartaceo o digitale, ha facoltà di diffondere notizie riguardo un soggetto se hanno pubblica rilevanza, passato “il tempo della rilevanza” potrebbe ritenere lesivo dei suoi diritti il “riproporre” una vecchia notizia che lo riguardi su cartaceo o, potrebbe trovare lesivo dei suoi diritti “l’eterno presente del web” che ricorda a tutti noi quanto abbiamo fatto anche solo per un istante della nostra fugace gioventù …. LA NUOVA VIA ITALIANA.L’emendamento proposto in Parlamento, ammesso che trovi fortuna e metta d’accordo entrambi i rami dell’organo legislativo, presenta almeno due aspetti peculiari:1) la scelta di dare credito ad un iter giudiziario non ancora concluso (non si aspetterebbe cioè il terzo grado di giudizio per stabilire se si tratta o meno di diffamazione); 2) La possibilità di fare agire il Garante per la Privacy con una autorità che la Costituzione concede solo al giudice e si aggiungerebbe ad una seconda “anomalia”, quella che ha fornito poteri speciali anche all’Agicom, l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che può letteralmente “sequestrare” contenuti sul web in nome del diritto d’autore senza però alcun diritto ad un contraddittorio in aula. Il sospetto purtroppo, per chi non è “baciato da una beata innocenza”, è che la politica goda di un personalissimo tornaconto in questa partita.
