CHE MAL DI TESTA CON LE PRIME DUE PUNTATE DI “DIAVOLI” SU SKY

CHE MAL DI TESTA CON LE PRIME DUE PUNTATE DI “DIAVOLI” SU SKY

CHE MAL DI TESTA CON LE PRIME DUE PUNTATE DI “DIAVOLI” SU SKYALDO GRASSO INVECE ELOGIA (BRERA SEMPRE OSPITE SU LA7) Ho capito che “Diavoli” si rivolge al pubblico dei 25enni, lo stesso di “Suburra”, come dice Alessandro Borghi in un’intervista, e tuttavia la prima due puntate della nuova serie Sky tratta dal romanzo di Guido Maria Brera (quello che va anche al suo matrimonio in camicia bianca, maniche arrotolate e cravatta nera) a me hanno fatto venire il mal di testa. Sarà perché ho quasi 65 anni. Montaggio frenetico, adrenalinico, nessuna sequenza lunga più di cinque secondi, un’atmosfera gasata, assai effettata, punti di vista sghembi, dissolvenze a schiaffo, colori naturalmente lividi in contesti ipertecnologici, slang finanziario, “ralenti” francamente inutili, un stile un po’ alla maniera di Stone e Scorsese quando parlano di banche e dintorni; magari nelle prossime puntate tutto diventerà più chiaro, fluido e si capirà meglio che il suicido al centro della vicenda tale non è. Ma nei flashback, quando era studente squattrinato di economia e faceva il barman per vivere, il futuro squalo della finanza Massimo Ruggero (appunto Borghi), indossa una strana parrucca, e si vede. Diciamo che Aldo Grasso, nella recensione qui sotto, è un po’ di manica larga. Ma d’altro canto, Brera è un ospite fisso di La7 e su “Diavoli” il “Corriere” nelle sue varie articolazioni (“La Lettura”, “7”, spettacoli) ha fatto una campagna scatenata.—–Aldo Grasso per il “Corriere della Sera” di oggi«Il più grande inganno del diavolo è farci credere che non esista. Invece è reale, come l’acqua in cui nuotano i pesci. Reale come la finanza che scorre in questa banca». Il punto di partenza di “Diavoli”, la nuova serie in onda su Sky Atlantic, è tagliente e lascia immaginare il disfacimento etico che ne seguirà. Prodotta da Lux Vide (la tradizione che sposa la serialità pay!) in collaborazione con i francesi di Ocs, la serie è un viaggio negli abissi della finanza, in un mondo fatto di numeri e spregiudicatezze che soffocano ogni possibile umana comprensione, un mostro che «non si vede, non ha odore e per molte persone è impercettibile»; a rendere verosimile l’impianto è il romanzo omonimo da cui è tratta, scritto da Guido Maria Brera, una vita tra trading e fondi finanziari.Le vicende della banca d’investimenti Nyl ruotano intorno alle figure di Dominic Morgan (Patrick Dempsey), ceo dell’azienda, e l’italiano Massimo Ruggero (Alessandro Borghi), rampante «head of trading» in procinto di una scalata ai vertici, che per la carriera ha rinunciato a tutto, compresa una moglie che ora ritorna, fragile e problematica. All’inizio della serie, un altro manager della banca muore cadendo da una finestra del palazzo, aprendo le danze di intrighi di potere, affari oscuri, inframmezzati dalle immagini reali delle crisi del 2011 che hanno incendiato e impoverito non poche nazioni. La forza di “Diavoli” sta nei profili delle singole storie, in una fotografia che insiste su colori freddi e asettici, in un cast di livello (ci sono anche Kasia Smutniak e Lars Mikkelsen) che riesce a raddrizzare anche i passaggi più tecnici e meno fluidi. Nei tic, nei volti tirati dei protagonisti non c’è quasi mai l’ombra di un sorriso, a conferma di quanto confessa Massimo Ruggero: «Il più grande inganno del diavolo non è farci credere che non esista, ma lusingarci per non farci vedere che il diavolo siamo noi».