FRA TRAPPOLE E CRISI IMPOSTA, I 5 STELLE DEVONO DECIDERE CHI SONO

FRA TRAPPOLE E CRISI IMPOSTA, I 5 STELLE DEVONO DECIDERE CHI SONO

È una Crisi di Governo nata dalle parole di Salvini che l’ha generata ma che ne ha anche perso il controllo nel momento stesso in cui da mediatica si è trasformata in parlamentare. Il piano era, in teoria, semplice e lineare: si vota la fiducia per portare a casa il decreto sicurezza bis, si porta Conte alle dimissioni, voto subito dopo l’estate, governo sovranista con la Meloni e, al massimo, qualche fuoriuscito di Forza Italia. Gioco, partita incontro. Del resto, gran parte della linearità del progetto era dovuta all’assenza di opposizione, sia politica che all’idea stessa del voto. Il segretario del principale partito d’opposizione infatti pareva ben lieto di correre alle urne, pur sapendo oggettivamente che la corsa sarebbe stata per il secondo posto, pur di sistemare la situazione interna al partito e, finalmente, prendere il controllo dei gruppi parlamentari. Sulla capacità dei 5 Stelle di organizzare qualche contromossa invece, non credo ci sia proprio posti il problema. Non è un segreto che in ambienti leghisti i futuri ex colleghi di governo siano visti come scarsamente preoccupanti e competenti. In questo però Salvini ha mostrato un po’ di ingenuità: prima di tutto non ha considerato che, statisticamente, le crisi di Governo, specialmente quelle nate nella fase iniziale della legislatura, spesso si risolvono con cambi di maggioranza più che con il voto anticipato. Secondo: non ha capito che la crisi avrebbe potuto rappresentare una occasione imperdibile, forse l’ultima nel breve periodo, per Matteo Renzi di riportarsi al centro della scena politica, dimostrando peraltro che, Zingaretti, Martina o chiunque sia il segretario, ancora nel PD la linea la detta lui, e fa saltare o fa nascere da zero l’eventuale accordo con i 5 Stelle sulla base della propria sensibilità del momento politico. Terzo, ma più importante, non ha capito che aprendo una crisi avrebbe necessariamente dato un ruolo preminente a quel personaggio istituzionale che, proprio in queste fasi esercita il massimo dei propri poteri: il Presidente della Repubblica e Mattarella, ormai lo si è visto, non sta certo al Quirinale a giocare a carte. La posizione peraltro non è nemmeno nuova e non riguarda necessariamente Salvini o la Lega: finché si riescono a trovare maggioranze parlamentari, la legislatura va avanti, cosa di cui ha fatto a suo tempo e suo malgrado le spese proprio Matteo Renzi che ha visto dal Quirinale far svanire la propria ambizione ad andare al voto dopo il referendum costituzionale. Le contromosse leghiste sono arrivate: prima la proposta di votare immediatamente il taglio dei parlamentari così da togliere ogni scusa mediatica al Movimento per protrarre la legislatura, poi l’accordo elettorale con Berlusconi. Ora, probabilmente in questo momento Salvini vede Berlusconi con un po’ più di fastidio di quanto un campeggiatore veda uno sciame di zanzare dentro la tenda, fastidio peraltro spesso apertamente dichiarato nell’ultimo anno. Tuttavia il senso dell’accordo con Berlusconi ha poco a che fare col Governo che dovrebbe nascere da nuove elezioni e molto invece con quello che potrebbe nascere in questi giorni in Parlamento: i numeri alla Camera per una eventuale alleanza 5 Stelle, PD, LeU ecc, sono molto più problematici, specialmente se alla fine l’idea prevalente fosse quella di fare un patto di legislatura. Assicurarsi la fedeltà di Forza Italia quindi va vista proprio in ottica di rendere quanto più complicata la vita parlamentare di questo nuovo Governo, non certamente come volontà politica di far rinascere la vecchia coalizione di centro destra, in cui peraltro, l’attuale Forza Italia avrebbe un ruolo numericamente poco significativo. Per ottenere questo vale tutto, anche far assaporare all’ego di Berlusconi, la possibilità di diventare il prossimo presidente della Repubblica. Fin qui però l’iniziativa sembra ormai lontana dalle mani di Salvini: la crisi è stata parlamentarizzata, in senato si è già, nei fatti, formata una nuova maggioranza grazie a cui l’accelerazione voluta dalla lega è stata scongiurata e la mossa del taglio ai parlamentari è stata sterilizzata dalla calendarizzazione fatta da Fico alla Camera per la discussione del provvedimento, posta successivamente alle comunicazioni di Conte previste per il 20 al Senato. Per evitare che alla fine la Lega possa in qualche modo ripensare la propria posizione o faccia pressioni sui 5 Stelle, probabilmente Conte eviterà anche di far votare la sfiducia e si limiterà a dimettersi dopo le comunicazioni. Qui però nasce un problema serio: il Movimento 5 Stelle ha pochi politici tatticamente e strategicamente all’altezza della battaglia a suon di trappole e regolamenti che si sta consumando in queste ore in Parlamento e comunque, fra questi non ci sono quelli di primo piano. Di Maio è una tragedia ambulante che ieri, dopo il trappolone di Salvini al Senato, ha abboccato come una trota d’allevamento con un post da autogoal fantozziano. Fra gli altri big c’è un deserto di razionalità desolante, con qualche eccezione, spesso teleguidata, come quella rappresentata al momento da Fico. Il tutto aggravato da un secondo problema, senza risolvere il quale, difficilmente potrà nascere nulla di positivo nei prossimi giorni: nel Movimento ancora accarezzano l’idea di fare facendo finta di non fare, di farsi scudo per protrarre questa legislatura a qualche provvedimento slogan da approvare, poco importa che sia il taglio dei parlamentari o la riforma della giustizia. Questo è il bivio di fronte a cui il Movimento deve decidere se rimanere un ragazzino populista della politica o diventare adulto: quello che adesso serve è un Governo politico, che faccia ciò che un Governo dovrebbe fare, ossia banalmente governare, non per due mesi, ma per una legislatura. Per farlo però bisogna avere il coraggio di mettere la faccia su un punto: non si tratta di un singolo provvedimento, ma di una scelta politica legittima, da rivendicare non da gestire con l’imbarazzo del ragazzino che compra per la prima volta i preservativi in farmacia sperando che nessuno se ne accorga. Chi scrive non ha certamente simpatie per i 5 Stelle, ma anche al loro interno teste politicamente pensanti ce ne sono, c’è da sperare che riescano a farsi strada, tolgano l’uso dei social a Di Maio & Co., e decidano di fare quello per cui sono pagati: fare politica. Per il momento, ben vengano i suggerimenti sottotraccia.