IL SALUTO MILITARE PRO-ERDOGAN DA PARTE DI ALCUNI CALCIATORI

IL SALUTO MILITARE PRO-ERDOGAN DA PARTE DI ALCUNI CALCIATORI

Siate sinceri: cosa avreste detto se un giocatore di calcio di serie A nel 2004 avesse fatto un gesto di solidarietà con i soldati italiani spediti a Nassiriya, o a Herat, a circa 5000 km dai confini italiani, in quella che si definiva una operazione anti terrorismo, di pace ed esportazione della democrazia? Cosa avremmo (e cosa dicevano) detto se uno sportivo americano avesse fatto gesti di solidarietà ai soldati impegnati in Vietnam (e cosa via)? O meglio, per una migliore simmetria: cosa avreste detto se un giocatore italiano o europeo avesse fatto il suddetto gesto al termine di un match giocato che so, nel campionato turco, e avesse ricevuto ammonizioni, attacchi virulenti, ammende o peggio dalla federazione e dalla stampa turca, pronta ad additarlo come sostenitore di una operazione militare terrorista (anzi, ho sentito direttamente dire a cuor leggerissimo che i giocatori turchi sostengono il terrorismo), in cui si andavano ad ammazzare dei civili in Iraq e Afghanistan? Il problema di fondo, al di là della personale non condivisione sempre e ovunque di retoriche nazionaliste e militariste, è che il colonialismo, se è finito, è finito da troppo poco. La postura che tutti conserviamo è autoreferenziale, anche senza volerlo. Abituati a pensare che chi viene da una certa parte di mondo tenda naturalmente ad avere riguardo delle nostre opinioni, a guardarci con ammirazione, ad assecondare i nostri desideri, ad ingraziarsi il nostro consenso, a voler corrispondere alle nostre aspettative, a ricercare la nostra approvazione, a considerare con riverenza i nostri moniti (altamente selettivi), da eterno “prigioniero della mente”. Ed è molto, molto facile prendersela con dei ragazzini viziati di 20 anni: chissà che non sia il rantolo di un Paese che non conta nulla nel mondo, e pensa di poter recuperare autorevolezza facendo la voce grossa alla ombre, nella pretesa che dei ragazzi nati e vissuti in Turchia (in cui la retorica militarista – perché quello è un saluto militare, non un saluto “pro Erdogan” – , specie rispetto alla questione curda, è sempre stata intensa, ben prima di erdogan e ben di più che con lui) si adeguino prontamente, automaticamente alle nostre etnocentriche e autoreferenziali sensibilità, ignorando la propria storia personale e quella del proprio Paese. Siete tutti altamente fenomenali [vergognatevi voi]