UN GIORNALISTA INFELICE E SCONOSCIUTO

UN GIORNALISTA INFELICE E SCONOSCIUTO

Sono passato, frettolosamente, al Festival del Giornalismo di Perugia. E per quel poco che ne ho visto, ho avuto la sensazione che il mio vecchio giornalismo appartenga al passato. Addio figura dell’inviato e inchiesta vecchio stile, addio contratti e Ordine, sindacati e cdr. Tutto è soppiantato da una multimedialità diffusa, da un laboratorio collettivo e civico, da un giornalismo punto 2. Non conta che sia un bene o un male, non conta quel che è giusto salvare e quello che è giusto gettare. Conta che siamo davanti a una rivoluzione epocale più forte del passaggio da macchina per scrivere a computer, dal dimafono a modem, dalla telefonia fissa al cellulare. Ma non ho fatto neppure a tempo a pensarci un po’ che, di ritorno a casa, ho trovato una lettera che mi ha ripiombato nel passato, o in un presente che se ne fotte del futuro. Mi scrive un giovane giornalista siciliano che “malpagato e senza un contratto, ma innamorato di ciò che fa, ha cercato e sta cercando di dare un contributo alla sua martoriata terra”. Da tempo sta seguendo il caso irrisolto dell’omicidio di un incensurato, a Vittoria, provincia di Ragusa. Il sospetto è che la vicenda abbia che fare con la criminalità organizzata. La certezza è che l’inchiesta gli vale prima delle scritte sull’auto, poi delle telefonate anonime, e infine un pestaggio sotto casa a opera di due uomini incappucciati. Sia detto con amara ironia: è gente che non segue Crozza in televisione, perché gli hanno detto, pestandolo: “fatti i cazzi tuoi”.L’inchiesta di questo giovane giornalista, così come le intimidazioni subite sono rimaste isolate, non raccolte da colleghi, da politici, da istituzioni locali .Un silenzio che al giovane giornalista fa più male che non le conseguenze fisiche dell’aggressione subita. Vi racconto questa storia perché viene da una terra in cui prosperano le parole, le commosse celebrazioni delle stragi, ma sia lo Stato sia chi denuncia trattative tra Stato e mafia, sono lietamente assenti in questo caso, fatta eccezione per la polizia.E’ un relitto del passato, questa piccola storia? E’ solo una vena minore, uno strascico fuori tempo massimo, e speriamo meno drammatico, dei file che vanno sotto il nome di Fava, di Impastato, di Rostagno? Non lo so. So che in certi angoli d’Italia il futuro è meno invadente, o meno promettente.Il giovane giornalista si chiama Paolo Borrometi.Parafrasando Garcia Marques, potremmo dire che è un giornalista infelice e sconosciuto, correggendo l’assonanza per chiarire che l’infelicità sta nella solitudine, perché per il resto è, come abbiamo visto, innamorato del suo lavoro, e non cerca notorietà, ma una buona storia, che consenta a tutti di vivere con un po’ più di dignità e di verità. Ma basterà dire che lavora un po’ all’antica, cercando di scoprire come vanno le cose. Comunque sia la sua mail, in tempi di giornalismo punto 2, è paolo.borrometi@gmail.com