CARI CONCITTADINI DEGLI ALTRI PAESI DELL’UNIONE EUROPEA
in Italia sono stati fatti tagli enormi alla spesa pubblica e il bilancio pubblico dell’Italia segna un avanzo primario positivo dal 1991, tranne nel 2009 per la recessione globale innescata dalla crisi dei mutui subprime e dal crack di Lehman Brothers. Sino all’anno scorso abbiamo dunque avuto per 28 anni su 29 entrate pubbliche sempre superiori alle uscite. Lo stock del nostro debito aumenta perché gli interessi che paghiamo formano altro debito, non perché non “risparmiamo”. Semplicemente, siamo nelle condizioni di scegliere se pagare i debiti o le pensioni, la sanità, l’istruzione. Cari concittadini degli altri Paesi dell’Unione Europea, non siamo un Paese dissoluto o dissipatore. Non abbiamo i tassi d’interesse reali negativi che l’euro garantisce alla Germania e all’Olanda. Il nostro debito costa: costa emetterlo, costa rimborsarlo. I tassi di interesse sottraggono competitività alle nostre imprese ma piacciono un sacco a molti investitori che continuano a ottenere rendimenti dalle tasse pagate dagli italiani. Cari concittadini degli altri Paesi dell’Unione Europea, siamo un grande partner industriale delle vostre catene di fornitura. Il nostro sistema economico e finanziario remunera gli investimenti delle vostre banche, delle vostre assicurazioni, dei vostri fondi pensione. Cari concittadini degli altri Paesi dell’Unione Europea, non stiamo parlando con il cappello in mano: lo facciamo da pari a pari, con la vostra stessa dignità. Pensateci due volte prima di farci lo sgambetto. Non conviene a noi ma non conviene nemmeno a voi.
