LA LUSINGA, IL DISINCANTO E IL PENTIMENTO VERSO I PARTITI OGGI
Prima c’è la lusinga, poi il disincanto, infine il pentimento.E’ quello che succede a chi ha un lavoro che svolge con passione nella “società civile” e si trova a diventare parlamentare. Inizia dicendo che vuole “mettere a disposizione la propria esperienza per cambiare le cose”, ma scopre presto che il partito l’ha chiamato solo per colmare un deficit di credibilità. E presto lo relegherà nel recinto dei peones, a cui si chiede obbedienza e un dito per schiacciare il bottone giusto nelle votazioni.In compenso, avrà stipendio rimborsi sostanziosi, assicurazioni medico-dentistiche, crediti agevolati, auto blu, segretario, viaggi gratis, insomma tutto l’armamentario bulimico che fa casta, ma con ricorrenti tempi morti in aula, che bruciano se pensa come avrebbe potuto farli fruttare nel suo precedente lavoro. Il “civile” poi ha la maggiore delusione quando scopre che tutte le sue proposte “per cambiare le cose” sono regolarmente accantonate con una pacca sulla spalla del capogruppo, mentre dispensa il solito “bravo, ma non ora ché già siamo pieni di casini”.Chi ha passione civile è bene che faccia politica fuori dai partiti. Si può fare e ce n’è un gran bisogno per ampliare un’opinione pubblica ancora minoritaria e silente nel Paese. L’ho imparato a mie spese: il tempo in cui mi sono sentito inutile in politica corrisponde proprio ai pochi anni in cui sono stato iscritto nel PD “per cambiare le cose”.
