ZINGARETTI LASCI PERDERE SIA RENZI SIA LA SINISTRA RADICALE
Parliamo disinistra. Dopo ilvoto politicodello scorso anno che punì gravemente ilPde mortificò il tentativo del partitino diPietro Grassoand company, quest’anno abbiamo un Pd innetta ripresae una sinistra radicale avviata verso l’estinzione. Ilrisultato della sinistra radicale, simile al risultato di tutte le sinistre radicali europee – anche quella diJeremy Corbynche sembrava vincente – dice che è un capitolo che ragionevolmente andrebbe chiuso. Non c’è nelle nostre società una domanda di identità di tiposocialistae tanto menocomunista. Non c’è, soprattutto, unelettoratoche abbia voglia di tornare a simboli e polemiche del passato. Ancora: il cittadino di sinistra scappa di fronte a partiti che inseguono lo scontro e che non amano la fatica dellaricostruzione unitaria. Questo fenomeno riguarda ancheforze liberalicome quelle coagulate daEmma Bonino. Anche quel radicalismo liberale non ha spazio se intende presentarsi presuntuosamente da solo come forza egemone diideeepoliticheantiche. Sopravvivono, spesso bene, partiti come i socialisti spagnoli.Tsiprasha un discreto risultato (ma Syriza non va oltre il 27% e il premier ha chiesto elezioni anticipate). In alcunedemocrazie delNord Europasocialisti e inuovi Verdidanno una prospettivaanti-sovranistamolto importante. Ma torniamo all’Italia.Questo risultatocancella dalla scena politica l’idea diMatteo Renzidi mettersi a capo di unpartito macroniano. Prenderebbe meno voti di Emma Bonino. Renzi può scegliere di stare in quel Pd cheNicola Zingarettiha portato a un risultato decente dopo il disastro combinato dai renziani o tornare a casa a riflettere sull’irrealtà delle sue idee. Carlo Calendadovrebbe rendersi autonomo. È lui l’uomo di riferimento di un’ala liberale interna al Pd contro la quale la sinistra radicale ha poco da polemizzare avendo portato, ancora una volta, centinaia di migliaia dimilitantiallosbaraglio. Zingaretti può dire di aver vinto il primo round della sua lunga battaglia. Il risultato fa uscire il Pd dal rischio dell’estinzione lo libera dalricatto emotivodel voto in fuga verso i5 stelleo verso la sinistra radicale, gli dice tuttavia che la ricostruzione sarà ancora lunga e difficilissima. Questa ricostruzione parte da unadefinizione identitariaanti-sovranista, anti-populista, europeista. La tentazione di definire con un marchio politico il suo partito – lo dico a malincuore – non funzionerebbe. Il Pd non sarà il nuovo partito socialista, potrà essere la speranza di uncentrosinistrache si allarga a molticontributor. La crisi dei 5 stelle potrà portare molti voti al Pd, anche se è realistico pensare che lo svuotamento dei grillini sia dovuto solo in parte al ritorno di voti a sinistra ma molto al travaso fra grillini eleghisti. Contrastare i 5 stelle nelle loro prossime battaglie giustizialiste e anti-sviluppiste è in minimo che Zingaretti possa fare. Di fronte a un risultato come quello di oggi immaginare ungovernoche metta insieme iperdentiper tener fuori laLegaregalerebbe milioni di nuovi voti a Salvini. Fa bene Zingaretti a dire che se il governo va in crisi è bene che si voti. Anche questa voltaPier Luigi Bersaninon l’ha azzeccata. La paura del voto è la malattia senile della sinistra. Il voto fa bene, ti aiuta a liberarti dalle scorie, ti costruisce come struttura di battaglia, affina i tuoi programmi. Zingaretti deve fare il miracolo di un partito che assomigli all’idea diRomano Prodima che sia, rispetto a quello, radicato nellasocietàe più netto nelriformismo. Non sono fra quelli che pensano che bisogna ripartire da zero. In fondo se oggi il Pd è sopra i 5 stelle è perché non è partito da zero. È partito dall’idea di mettere assieme le forze riformiste come argine contro sovranisti e populisti e come promotore di riformismo europeista. La sfida di Zingaretti in un punto è unica rispetto a quelle di tutti i suoipredecessori. Tutti loro hanno ignorato il tema del radicamento nella società e dell’organizzazione. Il Pd non vincerà concampagne di opinionese queste non saranno sorrette da una struttura organizzativa liberata daburocrazie, daboss di corrente, da dirigenti incapaci di parlare al popolo. Il sogno di un Salvini ridimensionato è durato il tempo di due o tre exit poll. La battaglia sarà durissima, non saràbattaglia parlamentarema soprattuttopolitico-sociale, si svolgerà anche sui luoghi di lavoro e nelle piazze. La sinistra radicale non sarà d’aiuto. Leggo i primi stizziti commenti sui social e li vedo commentare con disprezzo il risultato di Zingaretti. Adios.
