CARI DEMOCRATICI
 
        Cari democratici, ora occorre davvero accelerare. L’improvvisa escalation verificatasi nel Pdl tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini e la nascita di una componente fortemente critica rispetto alle politiche divisive, antisociali e antimeridionali del governo, coronano due anni di battaglie combattute dal maggiore pattito di opposizione fuori e dentro il parlamento contro lo strapotere della Lega, in nome dell’unità, della solidarietà e della coesione nazionale.Il discorso che il presidente della Camera ha pronunciato in occasione della direzione nazionale del partito del predellino, infatti, recupera quasi integralmente molte tra le denunce avanzate da inizio legislatura dal Partito democratico. Dallo scippo sulle risorse destinate al Mezzogiorno – con annesso riferimento allo scandaloso rimborso agli allevatori del nord che hanno sforato le quote latte –, all’abbandono dei valori fondanti di unità e di fratellanza nazionale. Dalle bordate inflitte alla giustizia (“non dobbiamo dare l’impressione che la riforma garantisca sacche di impunità”), alle politiche anti-immigrazione condotte nel disprezzo dei diritti della persona. Dai rischi di un Federalismo nordista e a senso unico fino alla sentenza finale: il Pdl, così com’è, è una fotocopia sbiadita del Carroccio.La nascita di un fronte interno al Pdl combattuto in nome di baluardi assolutamente incompatibili con l’attuale azione di governo apre prospettive impensabili fino a due settimane fa. Di fronte a scenari nuovi e imprevedibili, la risposta del Partito democratico deve essere la stessa: intensificare la propria azione politico-culturale riappropriandosi – anche dal punto di vista della comunicazione – di battaglie che gli appartengono. Una accelerazione è necessaria non solo per rivendicare il primato su certi valori e la paternità su certi ideali, ma anche per allargare la breccia sulla superficie di un Pdl ancora monolitico, gravemente schiacciato sulle posizioni del più becero nordismo, fieramente populista e tristemente ridotto alla più acritica idolatria del proprio leader.Non si tratta di far da sponda a Fini – a cui va dato modo di compiere il proprio percorso in piena autonomia – ma di ristabilire alcune importanti verità storiche e di rendersi conto che da questa sfida dipende la qualità della democrazia nel nostro Paese. In questa cruciale fase politica, il Partito democratico deve porsi da protagonista del rinnovamento politico e culturale, incarnando e sapendo trasmettere con la massima forza un sistema di valori profondamente alternativo rispetto alla deriva disgregante che muove questa coalizione di governo. Il partito deve porsi come punta di lancia di una azione mirata alla riscoperta dell’identità nazionale, nel solco del patriottismo costituzionale e progressista di grandi presidenti quali Pertini, Ciampi e Napolitano.Sul piano concreto, questo orizzonte si sostanzia nella valorizzazione di una politica di sviluppo nazionale incentrata sulla crescita delle zone sottoutilizzate e sul riscatto delle fasce deboli. Le tradizioni culturali e sociali che accomunano le nostre provenienze permettono inoltre un ulteriore passo in avanti, con l’avvio di una riflessione profonda sui limiti mostrati dal liberismo più spinto e sulla necessità di pervenire al più presto a nuovi modelli di sviluppo basati sul principio della democrazia economica.Cari democratici, è ora di rimboccarsi le maniche e spingere di più. Come ha detto il Capo dello Stato in occasione della festa della Liberazione, l’ unità del Paese “rappresenta una conquista irrinunciabile e non può formare oggetto di irrisione, nè considerarsi un mito obsoleto, un residuo del passato”. Occorre dunque fare dell’unità e della solidarietà nazionale il “punto di forza e la leva essenziale” per arginare la “spirale di contrapposizioni” che blocca il Paese. Questa da due anni è la battaglia condotta del Partito democratico. Ma solo se riusciremo a intestarcela pienamente, saremo anche in grado di vincerla.
