CRONACHE DAL FRONTE (PUNTATA N.37)

CRONACHE DAL FRONTE (PUNTATA N.37)

Detesto le file. Da sempre. Figuriamoci adesso che si sono allungate a dismisura e, se hai l’ardire di voler entrare in più negozi (di cui uno magari è un supermercato), devi rassegnarti a perdere una mezza giornata. E che t’importa, direte voi, non è certo il tempo che ti manca. E’ vero ma io proprio non ci riesco, è più forte di me, fuggo via terrorizzato manco volessero legarmi a una sedia per farmi guardare sette puntate di Porta a Porta una dietro l’altra. Il risultato è che in questi tempi di lockdown provvedo ai miei acquisti casalinghi in maniera casuale e disordinata. E la mia dispensa si gonfia e poi si sgonfia senza alcun rapporto con le mie reali esigenze. Se vedo infatti che dal tabaccaio non c’è fila entro di corsa e compro sigari per un reggimento intero – e quando mi ricapita, mi dico – lo stesso faccio con il negozio di alimenti per animali – e se Saki restasse senza cibo? – con il mio pizzicagnolo e soprattutto con il mio supermercato di fiducia. Stamattina ho passato in rassegna le mie provviste – non dimenticatevi che sono single – e ho trovato 52 scatolette di cibo per Saki, 10 scatole di Polpa Pronta e 6 pacchi di caffè. In compenso mancavano l’acqua, l’olio d’oliva, il sale grosso e la carta igienica. Un disastro, fossi stato un cambusiere mi avrebbero già licenziato. Per tirarmi su ho pensato che in fondo succedeva così, fino a non molto tempo fa, in Unione Sovietica e nei Paesi del cosiddetto socialismo realizzato. Mica sceglievi tu cosa comprare: tu uscivi di casa e ti mettevi in fila – quando uno dei negozi abilitati alla vendita al pubblico era aperto – poi compravi quello che c’era, senza poter scegliere. Poteva capitarti di portare a casa della verdura quando in realtà ti serviva la frutta, oppure – ed era ancora peggio – te ne tornavi con qualche penna e qualche quaderno per i tuoi figli quando invece avrebbero avuto bisogno di un po’ di carne. Il mitico Demetrio Volcic, che è stato corrispondente della RAI a Mosca per una vita, mi raccontò che una volta, era agosto, dopo aver passato tutta la mattinata in fila, se ne uscì da un negozio con due paia di sci. Non c’era altro da comprare. E quando, tornato a casa, sua moglie strabuzzò gli occhi e lo guardò perplessa, lui imperturbabile le disse: “Beh, ci servivano no? Quest’inverno potremo andare in vacanza”. Per parte mia devo confessare di essere un po’ allergico ai negozi. Se sbaglio infatti gli acquisti è anche perché in molti negozi – quanto meno in quelli in cui non c’è verso di instaurare un rapporto personale, che alla lunga può anche diventare confidenziale – mi spazientisco subito e non vedo l’ora di uscire. C’è una mia amica che appena può entra da Intimissimi e ci passa un’ora o quasi. Io la aspetto fuori, non mi arrischio nemmeno. E quando lo faccio, quando cioè ho veramente bisogno di fare un acquisto, finisce sempre che faccio acquisti azzardati o inutili, tanto per archiviare la pratica. Infatti il mio guardaroba è pieno di capi che non ho mai usato e che ho comprato solo perché la commessa mi faceva gli occhi dolci – “le sta benissimo” e invece il maglioncino era di tre taglie più piccolo – oppure perché, confuso dalla folla assetata di acquisti, mi ero improvvisamente dimenticato quello che mi serviva. Non ho scuse, lo so, ma ormai ho imparato a convivere con me stesso. E d’altra parte non dobbiamo adesso tutti convivere con il virus?P.S. In foto, una fila vale l’altra