LE NUOVE SFIDE DEL GOVERNO LETTA

LE NUOVE SFIDE DEL GOVERNO LETTA

Sì, storica. Non c’è nulla di retorico nel definire in questo modo la giornata di mercoledì. La fiducia conquistata dal governo Letta segna a tutti gli effetti uno spartiacque nella vita pubblica del paese. Per più di una ragione. La più evidente è la sconfitta politica del Cavaliere. Si chiude davvero e definitivamente la lunga stagione del berlusconismo? È probabile, oggi come mai. Intanto prudenza e guardia alta: troppe volte, in questi anni, abbiamo dovuto ricrederci. È invece certa la nascita in parlamento di una nuova maggioranza, autonoma e svincolata dai condizionamenti di Berlusconi. Si tratta, in sé, di una vittoria politica strategica, resa possibile dalla prova di compattezza del Pd. Occorre ora che tale nuova maggioranza si misuri e si qualifichi sui grandi temi che attendono il paese. Occupazione e sviluppo, innanzi tutto. E poi lotta alle disuguaglianze, riforma fiscale. E l’ambizione di dare un respiro più solidale e partecipato al nostro capitalismo. Sfide che possono essere colte solo a partire da un nuovo, grande patto sociale che ambisca a fondare su basi stabili, redistributive e solidali un nuovo patto per il lavoro, gli investimenti e la crescita nazionale. Le condizioni per arrivare a questo traguardo, ora, ci sono tutte. Il rilancio dell’azione di governo ne è naturalmente premessa essenziale, come pure la formazione di un fronte coeso che da tempo caratterizza il corpo sociale. Ora bisogna proseguire su questa strada aprendo una stagione nuova e concertata, in cui ogni attore sappia assumersi le proprie responsabilità nella definizione di un disegno di riforme che coinvolge allo stesso tempo la sfera istituzionale, quella economica e quella sociale. Un grande patto sociale, dunque, che parta dal lavoro e dal riscatto delle realtà più deboli. Che dia risposte a un tasso di inoccupazione giovanile salito ormai al 40 per cento su scala nazionale e che supera abbondantemente il 60 nel Mezzogiorno. Uno scenario insostenibile, segno di una crisi sistemica che affossa tanto le Pmi quanto le grandi imprese. Da questa condizione se ne esce insieme, o non se ne esce affatto. Doppio il binario su cui operare. Da una parte occorre unire gli sforzi per fronteggiare una emergenza sociale che non ha precedenti dal dopoguerra. Dall’altra, bisogna realizzare insieme una revisione organica dell’assetto economico, sociale e istituzionale. E dar vita a riforme di sistema che rispondano alle due massime priorità nazionali: la riforma del sistema capitalistico secondo un modello più solidale e partecipativo e una più equa distribuzione delle risorse. I primi passi di questa road-map sono stati illustrati da Enrico Letta nel suo discorso alle Camere. Va in questo senso una riforma fiscale che miri a sgravare tanto il lavoro quanto l’impresa. Una politica industriale ed infrastrutturale in grado di sostenere settori produttivi strategici per la crescita economica e l’occupazione. La lotta senza quartiere a sprechi e opacità nella pubblica amministrazione, con il ridimensionamento dei centri di spesa politico-istituzionali e rivalutando il concetto di partecipazione nei processi di controllo del pubblico impiego. Pilastri imprescindibili a cui deve aggiungersi un forte riferimento alla necessità di riformare il sistema capitalistico su fondamenta più eque e partecipative. La strada maestra si chiama democrazia economica. In tema di relazioni industriali vanno perseguiti strumenti capaci di garantire la partecipazione dei lavoratori alle decisioni strategiche d’impresa, elemento qualificante del sistema tedesco, che è l’unico di questi tempi a vantare risultati positivi in termini di occupazione e di produttività. Modello peraltro pienamente prefigurato dall’articolo 46 della nostra Costituzione. Tali politiche e strategie possono però dare frutti concreti e duraturi solo in un contesto di ritrovata e piena cooperazione tra governo e parti sociali. Nessun grande disegno costituente è possibile senza il pieno coinvolgimento dei corpi intermedi. Dal dialogo operoso tra corpo sociale e governo dipende la capacità di fare riforme strutturali ed eque, e di infondere una fiducia individuale e collettiva, indispensabile ad attirare investimenti e creare nuova occupazione. Il Governo Letta, dal 2 ottobre, ha tutte le carte in regola raccogliere questa sfida. Il fatto che questo snodo storico si presenti in corrispondenza del congresso democratico è poi della massima importanza. Il Pd deve far tesoro di questa opportunità, intestandosi convintamente la battaglia del riformismo partecipato e della democrazia economica. E’, d’altra parte,  l’unico partito in grado di farlo, presentando nel proprio patrimonio genetico le caratteristiche necessarie a dialogare con tutte le aree del sociale. Comprendere e valorizzare questa ricchezza significa porsi sulla scena politica da protagonisti. Sostenendo con contenuti innovativi un governo più forte e libero. E dando quindi un contributo determinante e insostituibile al rilancio del paese.