MALATI NOI SANO IL PIANETA
Pandemia. Ormai lo sappiamo, il pianeta è sotto attacco da parte di un nemico invisibile, ma non per questo non letale. Ma non è la prima volta che la Terra si trova in pericolo, e l’ultimo nemico era un bipede senziente a volerla distruggere: l’uomo. Alla fine del 2019 i messaggi di allarme si ripetevano in continuazione, da parte di ecologisti, di persone sensibili, una bambina svedese è stata sbeffeggiata e derisa perché pretendeva di smuovere le coscienze. Sovrappopolamento, scarsità di risorse naturali, inquinamento atmosferico e marino. Ce n’era più che abbastanza per gridare al pericolo, ma non c’erano validi motivi per smettere di fare ciò che stavamo facendo, ossia essere razza umana. Umana, che strano termine. Una umanità mal dimostrata, tra guerre continue e più della metà della popolazione mondiale affamata, tra animali maltrattati e foreste azzerate. Ma non ce ne siamo mai curati più di tanto, mancava la spinta ad interrompere le nostre attività, mancava la voglia di rinunciare a qualcosa. Ed ora invece, volenti o nolenti, siamo stati costretti a fare i conti con la privazione più grande, quella della libertà, e da quella privazione tutte le altre, che hanno influito sul benessere del pianeta. Le immagini dei canali di Venezia con l’acqua limpida ci dicono: ci voleva tanto? Le immagini delle città cinesi libere dallo smog ci dicono: serviva così tanto? Le immagini riprese dai satelliti che mostrano le nazioni senza cappe di smog ci dicono: era necessario arrivare a questo punto? Si, serviva uno shock, un trattamento energico, qualcosa che impedisse di continuare su quella strada. Ma siamo umani, pensiamo ai complotti, a manovre per renderci burattini e schiavi oppure a lotte di potere e punizioni per nazioni non allineate. Ma se io dovessi pensare ad un complotto organizzato, allora cercherei di arrivare a comprendere l’effetto che avuto sulla saluta della Terra. Immaginiamo allora un gruppo di illuminati e potenti che ha sottomano i dati relativi all’andamento demografico globale, al consumo delle risorse, all’inquinamento. Questa èlite al potere decide che bisogna mettere mano a questa situazione, senza però ricorrere a metodi violenti, che oltretutto non avrebbero efficacia ovunque, e soprattutto non paralizzerebbero le attività. Si tratta di una catena di eventi messa in moto in tempi non sospetti, e per evitare possibili derive psicotiche o moti di ribellione, si consente alla maggioranza della popolazione la socializzazione in tempi immediati, reali, pur senza contatto. Lo sviluppo di reti informatiche e la diffusione a prezzi bassissimi dell’accesso alle nuove tecnologie è il primo passo. Il secondo passo è stato creare una solidarietà tra i fruitori del futuro, e quindi si è creato un movimento ecologista, affidando le parole non a compassati uomini politici oppure a poco credibili attempati figli dei fiori, ma ad una bambina, che urlasse la sua angoscia a chiunque. Il terzo passo poi, è stato diffondere il virus. Si è iniziato in modo silenzioso, in una regione poco controllata e molto abitata, distante dai grandi centro industriali e commerciali, vicino alle steppe della Mongolia. Notizie centellinate, pian piano, per far salire una leggera tensione, che poi, al momento giusto è diventata consapevolezza, timore, paura, paralisi. Un complotto a lunga gittata, perché gli effetti del contagio saranno anche psicologici, influiranno sulle nascite, sul modo di vivere, anche se solamente su una minima parte della popolazione. Ma importante era far circolare l’idea, il vero virus. L’idea che il mondo non è quello che si conosce, l’idea che il tutto e subito a cui siamo stati abituati non corrisponde al vero, l’idea che forse vanno goduti i momenti e non più ricercate tutte le possibili occasioni per divertirsi. Ecco, se devo pensare ad un complotto, lo immagino così, ordito da menti argute, ma ovviamente è una fantasia, una storia buona per essere letta. Ciò che conta è che stiamo imparando a far meno del superfluo, siamo costretti ad essere meno invasivi. Saremo malati e prudenti noi, sarà comunque più sana la Terra, la nostra madre comune.
