NELL’INTERVISTA DI GIANNINI A CONTE LA NORMALITÀ DEL RAPPORTO TRA POLITICA E GIORNALISMO

NELL’INTERVISTA DI GIANNINI A CONTE LA NORMALITÀ  DEL RAPPORTO TRA POLITICA E GIORNALISMO

Stamani è uscita un’intervista a Giuseppe Conte. Il giornalista che fa le domande? Massimo Giannini. Un invito: leggetela. È sulla pagina di Conte. Ma non solo per gli elementi. Che sono interessanti, sì. Ma non sono il punto centrale del pezzo. Leggetela per un’altra cosa: per capire la differenza tra un certo tipo di rapporto tra politica e giornalismo ed un altro tipo di rapporto tra politica e giornalismo. Lato intervistatore, c’è infatti qualcosa che non si nota spesso: un giornalista che non accomoda il politico. Ma che, incredibilmente per questi tempi, fa il suo mestiere: fa domande. A volte semplici, a volte (molto) più difficili. Che hanno l’obiettivo che un giornalista dovrebbe avere: raccogliere i dubbi e gli interrogativi del pubblico e portarli alla sua attenzione con risposte. Si parla infatti anche di patrimoniale, ritardi, mascherine, strappi nella maggioranza. Di tasti spesso dolenti. E – pensate – a volte si osa fare anche un po’ di sana giornalistica provocazione. Dall’altro lato, quello dell’intervistato? C’è un qualcosa che in molti politici non accettano: stare al gioco. Non ci sono fughe, non ci sono risposte piccate. C’è l’accettare le regole del gioco dell’informazione di un sistema democratico. E quindi, intrinsecamente, accettare il rischio politico di esporsi. Preferendo l’endemicità di quel rischio piuttosto che interviste accomodanti, di miele. Prova di questo accettare le regole? Che Conte l’intervista l’abbia diffusa sulla sua stessa pagina. Ecco. Sapete allora qual è il punto? Lasciamo perdere la retorica, la politica. Lasciamo perdere giganti, nani, com’è bravo questo e com’è bravo quello. Mettiamo da parte gli applausi per Giannini e Conte. Facciamo finta che i due fossero altri, chiunque altro. Il punto è che, sinceramente, questa è la normalità. La normalità del rapporto tra politica e giornalismo. Una normalità, ci perdonerete, che vorremmo però vedere più spesso. Specie tra quei politici e quei giornalisti che non sanno neanche dove sta di casa. E che ogni volta che si incontrano il livello di quel rapporto non lo fanno scendere.