SARAH E SALEEM. FILM CHE MOSTRA TUTTO L’UOMO E LE SUE DEBOLEZZE

Saleem, palestinese, consegna cornetti nei bar di Gerusalemme; Sarah, israeliana, moglie di un colonnello dell’antiterrorismo, è la proprietaria di uno di questi bar.Dopo il lavoro, qualche volta alla settimana, si trovano in un parcheggio, salgono sul furgoncino di Saleem e vanno sulle colline a fare sesso.Anche Saleem è sposato: vive con la moglie, che è incinta, a Gerusalemme Est. Hanno problemi economici: lui non guadagna molto, lei frequenta l’università, così quando il fratello della moglie propone a Saleem un lavoro extra, alla sera, Saleem accetta.Il lavoro è questo: consegnare a Betlemme, in Palestina, al di là del muro, dei pacchi a dei clienti.Finché una di queste consegne finisce male.A quel punto il piano personale s’intreccia con il piano politico, in un crescendo di situazioni in cui le possibilità di scelta di ciascun protagonista si riducono al dilemma morale: salvare me, la verità, mio figlio, il matrimonio, il Paese, la carriera – di volta in volta mescolate in un effetto a cascata, nel nero vortice della fragilità umana, là dove non c’è possibilità di salvezza.È un film in cui la scrittura tiene benissimo i fili della narrazione, rendendone in maniera efficace la complessità: qui c’è tutto l’uomo, preso con la propria storia nel grosso della Storia, messo al muro con le sue inalienabili debolezze, e per questo bellissimo e eterno.La storia è molto “à la Farhadi”: se in quelle di Asghar Farhadi comanda un senso di inesorabilità che è una valanga – da un dettaglio comune alla tragedia – Sarah&Saleem ricorda più un ruscello, un fiume che si mangia la montagna e ne disegna una fisionomia nuova dove ci rispecchiamo tutti, uomini e donne, occidentali e orientali.