UNA COMMISSIONE GOVERNATIVA DECIDERÀ QUEL CHE CI RESTA DA VIVERE

UNA COMMISSIONE GOVERNATIVA DECIDERÀ QUEL CHE CI RESTA DA VIVERE

Ultime notizie per i pensionandi che il governo (e con lui Inps, Inail, istituzioni economiche varie) vorrebbe tutti secchi prima che si becchino l’assegno. E se arrivano alla fatidica età, l’auspicio, sempre per far quadrare i conti, è che se lo godano poco. Ebbene il nostro munifico governo sembra ora intenzionato a stoppare l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni dal 2019 per 15 lavori gravosi. Tra questi, 11 sono quelli già fissati dall’Ape social, tra cui maestre, infermieri, turnisti, macchinisti ed edili. Le altre quattro categorie sono gli operai agricoli, i siderurgici, i marittimi e i pescatori. Ma la notizia più interessante è che il governo vuole creare una commissione ad hoc formata da saggi in grado di calcolare la speranza di vita in base al lavoro che si svolge. Gli esperti dei destini umani saranno presi da Inps, Inail, Istat, ministeri della Salute, dell’Economia e del Lavoro. Forse anche dai sindacati, ma non è detto, visto che ormai contano poco o nulla. Insomma, questi astrologi armati di statistiche intendono sostituirsi a Dio e deliberare che se fai per esempio il negoziante puoi campare anche 100 anni perché non è un lavoro usurante. Come se far quadrare i conti di attività sempre più in perdita non fosse un logorio quotidiano. Se fai l’impiegata, ma anche la mamma, si sa, te ne stai alla scrivania tutto il giorno a farti le unghie e a casa trovi tutto pronto, quindi continui a rilassarti. E via di questo passo. Ma l’uomo non è un algoritmo o un robot per il quale è possibili diagnosticare quando staccare la spina. L’elemento imprevedibile è la morte, che colpisce tutti a un’età indefinibile. Quindi tutto questo scervellarsi sull’aspettativa di vita da cui dipende l’aumento dell’età pensionabile di quattro mesi (e in futuro sicuramente di anni) appare davvero ridicolo. Stanno lì col bilancino a calcolare quanto ognuno di noi può campare per trarne le dovute conseguenze. E tutto questo ci indigna. L’Italia è ormai il paese dove si va in pensione più tardi rispetto alla media europea, battuto solo dalla Grecia, che da 10 anni è sull’orlo del fallimento, dove è stata imposta l’età di 67 anni. Ci indigna che di fatto il governo e le sue ramificazioni stiano lì a farci pesare come avvoltoi quanto si vive, minacciando il tracollo della spesa pubblica se si continua a prendere la pensione ad appena 66 anni e sette mesi. Ci indigna perché parliamo dello stesso apparato statale la cui montagna di sprechi e inefficienze nella pubblica amministrazione è salita a 29 miliardi all’anno (dati Cgia di Mestre). E, come al solito, anziché mettere mano a se stesso, lo stato colpisce quei privilegiati dei pensionati, la cui stragrande maggioranza prende meno di 1000 euro al mese. Poi ha saputo solo innescare una guerra fra padri e figli, i quali accusano la generazione precedente di non andare mai in pensione quindi di non liberare posti. E ora la commissione, che, caso per caso, a seconda del lavoro che fai, deve calcolare quanto ti resta da vivere, ciò che chiamano, in termini burocratici, aspettativa di vita. Che vergogna. Sprecano miliardi, ci spremono come limoni con le tasse e ci stanno pure lì, col fiato sul collo, a cercare di capire se il lavoro svolto è tale da condurci presto alla morte.