FUSIONI: LO SMACCO E L’IRA DEL SINDACO DI FOSCIANDORA
Il potere in Garfagnana non molla. Anzi, addita al pubblico ludibrio estrema sinistra, Lega e grillini rei di aver sobillato la popolazione contro le fusioni. Un potere che, diciamolo subito, non è di sinistra, visto che il partito di riferimento è il Pd, il cui segretario Renzi ha notoriamente distrutto la base legata ai valori della sinistra, protagonista di mille battaglie operaie e sindacali. E la cui ascesa – è altrettanto noto – è stata favorita da Berlusconi e da Verdini. Ora l’imperativo categorico in Garfagnana è: queste fusioni s’hanno da fare, volenti o nolenti. Grande smacco per il sindaco di Fosciandora, dipendente della Kedrion, Moreno Lunardi, dove ha prevalso il no. Infatti il suo commento è a dir poco uno schiaffo ai suoi cittadini. Se non ve lo ricordate, eccolo: “Ha vinto il “No”. Ora però sta al presidente della regione Toscana decidere cosa fare. Evidentemente i cittadini non hanno capito le problematiche dell’amministrazione comunale che ha difficoltà ad andare avanti. Ci siederemo al prossimo tavolo sul bilancio cercando di tagliare il più possibile e aumentare le tasse laddove si può. E se riusciremo a chiudere il bilancio bene. Altrimenti prenderemo la chiave e andremo dal prefetto per affidare tutto ad un commissario”. Raramente un sindaco si è espresso in modo così duro. Forse veritiero, ma allora c’è da chiedersi come ha fatto il comune di Fosciandora a campare fino ad oggi. Non se la prende Lunardi coi continui tagli imposti dal governo agli enti locali, con uno stato che spreca, che usa i soldi delle tasse dei cittadini in troppe inutili mance elettorali, che stanzia miliardi per salvare le banche, ma nulla fa contro i capitalisti che le hanno spolpate a loro vantaggio. No, lui farà altri tagli, aumenterà le tasse e minaccia il commissariamento. Bravo. Questa sì che è roba di sinistra. Poi c’è da chiedersi: come mai il Pd, tanto attento ai diritti delle minoranze, per le quali si è prodigato e si prodiga in leggi (unioni civili, ius soli), nella vicenda fusioni è così feroce nel non voler ascoltare le ragioni della minoranza o presunta tale? Due pesi e due misure, come al solito. Quando la minoranza fa comodo per un pugno di voti, viene osannata. Quando non c’è alcun riscontro elettorale, chissene. Ma la storia, ad analizzarla in profondità, è ben più complessa. Non è solo questione di soldi, che quelli ci sarebbero pure se la politica con la sua infinita corruzione non li sprecasse. Il piano è altro e lo vediamo ormai chiaramente: bisogna annullare ogni identità, ogni differenza perché una popolazione senza storia né radici è più manipolabile. Ma non si fa i conti con la rivolta, che ormai sta esplodendo. Ci hanno riempito la testa della necessità e utilità di un mondo globalizzato, senza confini, in cui dobbiamo essere tutti stranieri quindi tutti senza patria e a sorpresa invece la gente ora si rifugia sempre più nelle piccole patrie. La Catalogna insegna, così come i vari referendum sull’autonomia. Il potere centrale è visto come lontano, cattivo e ladrone, mentre il potere piccolino ha un volto più amico. Il processo è davvero singolare: da una parte comandano di fatto entità sovranazionali, sconosciute e rapaci, dall’altra la gente si stringe, per reazione, intorno al campanile, quello che conosce bene e con cui può dialogare. Le persone si sentono minacciate e si rifugiano nella certezza del paesello, della piccola comunità. Anche così si spiega la disaffezione al voto. Noi li votiamo perché risolvano i problemi dell’Italia (o del paesello) e loro antepongono istanze sovranazionali e globali. Ce lo chiede l’Europa, ce lo chiede il mondo, ce lo chiede il progresso che non si può fermare: è il solito ritornello che ormai, visto il fallimento delle politiche liberiste, non incanta più nessuno. Questo progresso ha portato povertà, disuguaglianze, ricchezze nelle mani di pochi, fallimento di un’economia basata sulle piccole imprese e sui piccoli negozi. In cambio cosa abbiamo? Il mondo. Le arance spagnole anziché quelle italiane, le ciliegie dalla Turchia anziché le nostre, l’artigianato distrutto a favore di prodotti che vengono da lontano, tutti uguali. E’ il liberismo, che, se da una parte ha favorito i paesi più poveri, dall’altra sta distruggendo l’economia occidentale. E le fusioni? Si fanno per soldi, non per amore. Sono matrimoni d’interesse. Utili nell’immediato grazie ai soldi dello stato per salvarsi dalla bancarotta, ma, dopo, finiti i soldi e le sovvenzioni, si ricomincerà da capo. Esemplare l’abolizione delle province. Cosa ha portato di buono, al di là della retorica di qualche funzionario in meno? Il caos. Strade e scuole senza fondi, nessuno che spieghi a chi compete cosa. E diamo anche un’occhiatina all’estero, visto che ciò che succede altrove è sempre buono e giusto. La Francia ha circa 70 milioni di abitanti e 36.658 comuni. Nessuno pensa di abolirli. La Germania ne ha 11.054. L’Italia – dove sono ritenuti troppi – ne ha 7.978. Cari sindaci di Pieve Fosciana, San Romano e Fosciandora: se ci tenete tanto a dire che avete vinto voi, ok, avete vinto. I numeri sono dalla vostra parte. Battete i pugni sul tavolo in regione e andate avanti: abolite i nomi dei vostri paesi e create questo benedetto “Appennino in Garfagnana”. C’è chi si sentirebbe morire a rinunciare al proprio nome, ma voi no. Ma poi, fra pochi anni, non vogliamo sentire il solito gne gne non abbiamo i soldi. Perché tanto accadrà, se non battete invece i pugni sul tavolo perché agli enti locali, anziché abolirli, lo stato non dia briciole, ma ci investa seriamente. E’ questo che dovete fare a favore dei vostri concittadini, non pensare solo al presente, ma al futuro. Non incassare solo il malloppo e continuare a ricattare i cittadini dicendo in coro: “Questa è l’unica, irripetibile e reale opportunità”. Per compiacere il Pd, certo. L’abbiamo già sentito questo ritornello col referendum costituzionale un anno fa. E lo tsunami minacciato dai poteri finanziari mondiali non c’è stato. Se davvero è un’occasione così ghiotta, è ben strano che buona parte degli elettori non sia corsa alla urne per dire sì. Ma tanto l’abbiamo capito. Il Pd dirà: è gente ignorante, che non ha compreso le nostre nobili finalità. Mai che dicesse: siamo noi che non siamo stati convincenti. Portando per esempio, nella fattispecie, un serio piano finanziario su come verranno investiti questi fondi a favore della cittadinanza.
