L’ANTIFASCISMO DI MIO PADRE E IL MIO
Mio padre era un antifascista esistenziale. Lo schifavano le uniformi nere, le menzogne, il culto della violenza,l’odio quotidiano coltivato per le democrazie liberali, il “pancia in dentro e petto in fuori”, il totalitarismo straccione, insomma, tutto.Per questo, non mi mandò in una scuola pubblica. Vedermi sfilare con l’uniforme da balilla, l’avrebbe mandato ai matti. Andai allora in una scuola di monache. Purtroppo anche lì non mancavano gli obblighi nei confronti del regime. Il primo fu, passi, il sentire in piedi uno dei discorsi del duce (eravamo, mi pare, nei primissimi mesi del 1943); superato chiudendo gli occhi al posto delle orecchie.Il secondo e assai più impegnativo consistette nel copiare, sotto dettatura un comunicato che raccontava le gesta (poi risultate completamente inventate) di un sommergibilista che aveva affondato un cacciatorpediniere inglese.Che fare allora? Non c’era tempo per pensare, dovevo decidere subito: o la copiatura fedele- una resa ideologica di cui mi sarei dovuto vergognare per tutta la vita- o il rifiuto di copiare, la pagina bianca che avrebbe esposto mio padre a rischi che temevo seri.Scelsi, allora, la terza via; copiare ma sbagliando completamente ogni parola. Mi beccai il pubblico ludibrio; uno zero assortito da rampogne varie.Ma il mio gesto aveva temprato il mio antifascismo per gli anni a venire. Perchè, da allora in poi, nulla sarebbe stao più come prima.
