ALLE 15 VIDEOCONFERENZA DEL CONSIGLIO EUROPEO, LE ASPETTATIVE POTREBBERO ESSERE DELUSE

Oggi è previsto l’incontro dei leader facenti parte del Consiglio Europeo (in videoconferenza), diversi i temi scottanti sul tavolo, che nelle ultime settimane hanno creato non poche contrapposizioni tra i paesi del Nord e quelli del Sud Europa, circa le misure da adottare per affrontare l’emergenza sanitaria causata dal coronavirus. In un tweet il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha fatto sapere che, insieme alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si lavora ‘per un piano d’azione efficace, volto ad assicurare il benessere dei cittadini europei e stimolare la crescita attraverso l’incentivazione del green e il digitale.’ Il Mes, o Fondo Salva Stati, è certamente l’osso più duro della divergenza, nonostante nell’ultima riunione dell’Eurogruppo vi sia stata una risoluzione di compromesso, proponendo il ricorso al Fondo senza condizionalità. Tante comunque le aspettative sulla riunione odierna, secondo diverse fonti di stampa, difficilmente i leader dei 27 riusciranno a convergere verso una soluzione definitiva sul tema più dibattuto: l’opportunità di istituire un Recovery Fund, necessario per arginare l’impatto forte e destabilizzante che la pandemia Covid-19 ha provocato. Nel corso della riunione informale dei ministri dell’Economia dell’area euro (Eurogruppo), era stato proposto il sostegno tramite il Mes, Bei (o Banca Europea degli Investimenti), e l’utilizzo della Cassa d’integrazione europea, quale supporto alle imprese maggiormente colpite dalle misure del lockdown. Com’è noto, i Paesi del Sud, Italia in primis, hanno espresso riserve sul cosiddetto Fondo Salva Stati, nonostante sia stata ‘disinnescata’ la condizionalità, intesa come mina vagante, suscettibile di vincoli piuttosto severi. Non c’è fiducia in questo strumento di sostegno, è nato già in un clima di diffidenza, e ora in ogni caso l’emergenza sanitaria e i drammatici riflessi nell’economia, secondo gli Stati membri del Sud Europa, richiedono mezzi più drastici e incisivi per ripartire con slancio allorché il ciclo di questa pandemia sarà concluso. Le condizioni per la riapertura dell’attività economica si stanno già delineando, così come le misure per una ripartenza in assoluta sicurezza. E’ convinzione comune che oggi i leader nel corso della videoconferenza sosterranno la decisione presa dall’Eurogruppo, riguardante il piano per la ripresa economica di 540 miliardi di euro, ma difficilmente si riuscirà ad esprimere una risposta su tutti gli interrogativi in merito agli strumenti innovativi da mettere in azione per affrontare questo drammatico quadro di recessione che riguarda un po’ tutti. La messa in campo degli Eurobond, per il sostegno ai gravi problemi sanitari insorti nella lotta contro il virus, non è strategia che possa portare ad un’intesa immediata. Timori giustificati spuntano in questo orizzonte piuttosto nebbioso, ma anche il Recovery Fund avrebbe necessità di convergenza e accordo in tempi brevi. Il Recovery Fund è stato proposto dalla Francia, ed è garantito dal Bilancio dell’Ue, che può essere la base per l’emissione dei cosiddetti ‘Recovery bond’. Conte potrebbe anche perdere ulteriormente la pazienza, qualora l’obiettivo fosse ancora un percorso accidentato, disseminato di ostacoli. Al momento si prospetta un meeting tempestato d’incognite, si è investito molto ultimamente sulle dichiarazioni di solidarietà espresse dalla presidente Ursula von der Leyen e dal Governo tedesco, ma c’è ben poca disponibilità nel versante olandese, il più riottoso e intransigente verso le misure proposte dai Paesi del Sud. In gioco c’è la ripartenza, oppure lo schiacciamento di Paesi strategici per l’Ue, quali l’Italia e la Francia. Non ci si aspetta una partita a scacchi, ma un confronto leale e consapevole dei rischi che si hanno di fronte. Si concorda sul Mes per il sostegno al Sistema sanitario, con compromesso, ossia senza condizionalità e fino a 240 miliardi. Sul finanziamento disponibile della Banca Europea degli Investimenti, con 200 miliardi, il Piano Sure per il controllo della disoccupazione, con 100 miliardi. Dunque, in totale, 540 miliardi disponibili, e già si capisce che non saranno sufficienti a contenere questo tornado. La verità è che questa crisi innescata dal coronavirus è maledettamente seria e difficile da arginare. Bisogna vedere se il premier italiano si rassegnerà all’archiviazione della proposta sugli Eurobond, un boccone piuttosto amaro da mandare giù, il desiderio di rivoltarsi all’egoismo dei suoi omologhi nordici, lo ha tentato più volte negli ultimi tempi. Molto dipenderà dalla consistenza dei fondi e dall’agevole ricorso alla proposta di un Recovery Fund, che dovrebbe avere, come si sa, una dotazione di risorse pari a circa 1.500 miliardi di euro. Una soluzione più accettabile certamente. Ma ancora insufficiente per la catastrofe in atto. Dalla riunione odierna del Consiglio Europeo, istituito per decidere risoluzioni concernenti l’agenda politica dell’Ue, si spera che scaturirà comunque una linea di convergenza sugli obiettivi più urgenti che l’emergenza sta presentando. Non c’è molto tempo da perdere dietro un braccio di ferro, si dovrà pervenire ad una risposta sui cosiddetti Coronabond, così osteggiati in special modo da Germania, Olanda, Finlandia e Austria. Negli ultimi tempi Berlino aveva già ceduto terreno sulla possibilità di un’intesa, ma si dovrà fare i conti con gli sviluppi del dibattito, e soprattutto la volontà di lasciare l’orgoglio in un angolo per liberare la strada a decisioni dalle quali dipende la ripresa dell’Eurozona, devastata anche sul piano economico dalla pandemia. Le proposte che hanno un peso rilevante ai fini dell’accordo tra i 27 paesi membri, in definitiva sono due, ossia quella proposta dalla Commissione europea e dal Governo tedesco, che consiste nella creazione di un Fondo comune destinato alla ripresa e finanziato con l’aumento dei contributi al Bilancio Ue di ciascuno Stato. Il Fondo dovrebbe essere abilitato per l’emissione di titoli e reperimento di risorse nei mercati al fine di finanziare i Paesi più vulnerabili. Tutti concordano sull’esigenza di una risposta rapida, e del resto Conte ha pungolato parecchio Bruxelles nelle ultime settimane, arrivando a minacciare perfino l’uscita dall’Unione qualora le posizioni su scelte fondamentali per l’emergenza, fossero state ignorate. Sia la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che la Cancelliera Merkel, hanno cercato di ridurre le divergenze, dichiarando di essere ben disposte alla solidarietà, in particolare verso l’Italia, il Paese sicuramente più devastato dal coronavirus. La Spagna non lo è da meno, e negli ultimi giorni ci sono stati diversi tentativi di confronto tra Madrid e Berlino, il leader spagnolo ha proposto un compromesso tra la linea dell’esecutivo tedesco, che all’inizio dei negoziati si era dimostrata inflessibile, e quella dell’esecutivo italiano, che insiste sulla necessità degli Eurobond, ossia l’emissione di titoli di Stato in ambito comunitario, garantiti dai Paesi membri dell’Ue. Secondo Pedro Sanchez, leader del governo spagnolo, si tratta di una proposta abbastanza chiara e semplice: per affrontare la crisi occorrono energie di carattere monetario, finanziamenti che non comportino obblighi di restituzione. Solo così si potrebbe lasciare il terreno limaccioso della recessione. Per rendere concreta la proposta si dovrebbe ricorrere alle risorse della Bce, con mille miliardi da rendere subito disponibili per l’emergenza sanitaria, che consenta di potenziare il servizio pubblico, e un sostegno economico a chi oggi si ritrova senza un reddito sul quale contare per riprendere l’attività, riprendendo con una riconversione ambientale dell’economia e del tessuto produttivo. L’Europa pertanto, tramite la Bce, secondo Sanchez, dovrebbe mettere a disposizione la somma di 1500 miliardi di euro, da impiegare per la crisi, ma non dovrebbero essere conteggiati come debito degli Stati. La proposta spagnola è sensata e ha già riscontri positivi in termini di sostegno. Per il momento resta una proposta.Dovrà essere tuttavia la Commissione europea, su indicazioni dei paesi membri, ad impostare un piano sulla base di queste proposte: Obiettivo e scopo delle risorse, Origine dei Fondi, Condizionalità e ammontare massimo. Il piano della Commissione dovrà poi essere sottoposto all’analisi e all’approvazione dei 27. Si prevede che il primo step sull’avanzamento dei lavori sul Fondo di recupero, sia concluso il 29 aprile. A quel punto si fisseranno altri meeting per il raggiungimento di un’intesa comune. Oggi tuttavia le aspettative di una conclusione del sofferto accordo saranno disattese, difficilmente saranno prese decisioni in questa sede, è più probabile che sia un incontro interlocutorio. La videoconferenza è stata fissata per le 15:00 (ora italiana), e già questo pomeriggio sarà comunque possibile sapere se la disponibilità dei tedeschi e degli altri paesi nordici alla solidarietà sarà concreta. Se si tendesse invece a temporeggiare sulle scelte, sarebbe evidente l’intento strategico di non portare a termine la decisione definitiva. Ossia camaleontico tentativo di sbarrare la strada agli Eurobond, in modo cinico e riprovevole. Si auspica però che vi sia la necessaria presa di coscienza della gravità del momento, e il senso di responsabilità necessaria per intraprendere misure che oggi hanno il carattere dell’urgenza.