«IMMUNI». L’APP TRA DUBBI E DOMANDE
Da quello che ho capito (che, ammetto, può essere poco e anche sbagliato), e da quello che è trapelato, e che ovviamente può non essere affatto vero, la nuova app, che pare avrà il nome vagamente iettatorio di Immuni, doverebbe funzionare più o meno così: * Io me la scarico e la lascio sullo smartphone tenendo acceso il bluetooth. Detto questo, immetto una serie di dati miei personali molto precisi. E’ una cosa che hanno tutte le grandi compagnie digitali, anche se credo che una banca dati così dettagliata (età reale, patologie ecc.) possano solo ricavarla, e anche qui probabilmente mi sbaglio, ma: * Dice che l’app mi avviserà se entro in contatto con qualcuno positivo al virus. E qui non ci siamo affatto (sempre se è così), perché semmai entro in contatto con qualcuno che si è dichiarato positivo al virus, che è molto diverso. Perché, prima di tutto, chi certifica che io abbia dichiarato il vero all’app? Mi fanno il tampone, prima? Mi fanno il test? E se sì, per avere la certificazione del tampone o del test, devo aspettare l’Asl, quindi minimo il 2030, e lì sono cazzi. Provate a farvi fare un tampone anche se avete 40 di febbre e poi mi dite. E poi, se sei positivo, che cazzo ci fai in giro. E soprattutto, se sei positivo e ti dichiari positivo, allora sei scemo due volte. E pericoloso. * Quindi se, e dico se, le cose funzioneranno così, si tratterà di un’autocertificazione sullo smartphone. * Non so, per esempio. Se io compro un biglietto per il Frecciarossa e me lo tengo sull’app, funziona che il controllore viene e verifica che il mio biglietto esista e sia stato regolarmente pagato, non è che si fida della mia parola, anche se la scrivo sullo smartphone. Così la cosa, come vedete, funziona. Se non funziona così, allora la cosa diventa abbastanza pericolosa. Vabbuò ma tanto noi montiamo i cavalli di Frisia, che ce ne fotte a noi.
