IMPRESE: UNO STRAORDINARIO TRAGUARDO DI INTEGRAZIONE

In Italia, all’inizio del 2017, operavano oltre 571 mila imprese gestite da immigrati, quasi un decimo del totale nazionale (il 9,4 per cento, per essere esatti, ovvero tre punti in più della media degli altri paesi europei). Il loro valore aggiunto in termini economici supera già i 106 miliardi di euro, toccando il 7 per cento di quello italiano. Mentre le imprese gestite da nostri connazionali vivono, dopo una fase di declino, una di stagnazione (-0,1 le nuove realtà del 2016) quelle a guida immigrata sono aumentate del 25,8 per cento in cinque anni. Benché la nostra storia di immigrazione sia più recente e dunque meno consolidata di quella di altri paesi, questo straordinario traguardo di integrazione avrebbe dovuto sorprendere i media, inducendoli a dare con la giusta evidenza una notizia che riequilibra il racconto parziale edistorto dell’immigrazione nel nostro paese. E invece no. Sui tavoli delle redazioni dei giornali, delle radio, delle televisioni, la mattina del 12 dicembre scorso è arrivata la scheda del “Rapporto Immigrazione e Imprenditoria 2017” realizzato dal Centro di ricerche Idos, e per i più pigri sono giunti i lanci dell’Agenzia Ansa, che lo sintetizzavano. Ma niente: questi dati non sono stati comunicati ai lettori, ai radioascoltatori, ai telespettatori. Ora, è vero che le cattive notizie hanno in genere più appeal di quelle buone. Ma se il prodotto lordo del nostro paese aumenta, se i disoccupati si riducono, lo si comunica eccome. In questo caso, no. Vietato mettere in luce aspetti positivi dell’immigrazione. La narrazione deve essere soltanto di stupri e di sbarchi, anche se i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori immigrati, che ogni giorno affrontano le insidie della burocrazia e la scarsa propensione al credito delle banche, sono in numero assoluto più del triplo dei disperati arrivati l’anno scorso sulle coste italiane. E’ così che i nostri media preparano gli elettori al voto di marzo. Desolante.