LE MESSE IN CATTEDRALE
Raccontino della notte. Oggi sono di riposo. A fine mattinata, sulla chat della redazione, Giacomo mi chiede se posso rientrare per seguire il premier Conte nel tour cremonese: ospedale e prefettura. Il servizio in prefettura è già coperto, a me viene assegnata la visita al Maggiore. Passo dal perbacco al panico. Non sono da vedere, i capelli in disordine, la ricrescita arrivata a tre spanne. Mi fiondo in bagno, lavo la chioma, faccio una piega decente e spruzzo sulla ricrescita mezza bomboletta di prodotto coprente. Intanto che spruzzo, sorrido e penso: «Chiederò scusa al premier Conte se sentirà uno strano odore di ‘petrolio’ (lo spray) mischiato al Patchouli, il mio profumo preferito». Poi, quando ho finito di ‘tirarmi a lucido’ scopro che Conte in ospedale non ci va. Dopo il DPCM annunciato domenica sera, contro il premier le polemiche si sono tutt’altro che placate. Ci siamo appena lasciati alle spalle quella sui fidanzati sì, fidanzati no. Chiarito che allo scoccar della mezzanotte di domenica, i morosi e le morose d’Italia, solo nella propria regione, si possono finalmente vedere mascherati, ma non abbracciare, gira sui social una spassosa autocertificazione. Intanto, Napoli non delude mai. Scopro da WhatsApp l’iniziativa ‘CONGIUNTO SOSPESO’. «Decine di single si sono messe a disposizione per offrire a persone sole la possibilità di uscire il 4 maggio con una valida motivazione». Un gran successo. Rido. Chiuso il caso ‘fidanzati’, infiamma la polemica sulle messe vietate. Quando si potrà, tornerò alla messa delle undici, la domenica, in Cattedrale, la mia parrocchia. Quanti bei ricordi ho delle messe in Duomo. Mi rivedo ragazzina. Quella delle nove del mattino. Ci andavo con Adelina: i maschi a destra, le femmine a sinistra, per carità. E poi, la messa di mezzogiorno con l’amata Minnie (il papà Piero era già mancato). Ricordo le prediche taglienti di monsignor Carlo Boccazzi non dall’altare, ma sul pulpito, a destra. All’improvviso, si fermava, bacchettava pubblicamente chi chiacchierava. E guai se le gonne erano sopra il ginocchio. L’amata Minnie va di ricordi. «Monsignor Boccazzi ha battezzato tua sorella Adelina». Adelina ha il nome della nonna materna morta quindici prima della sua nascita. «Adelina non fu battezzata in chiesa, ma a pochi giorni dalla nascita nella camera della clinica Ancelle della Carità, dove l’avevo partorita ed ero a distrutta dal dolore per la morte improvvisa della mia mamma», si commuove la Minnie. Monsignor Boccazzi era un prete molto curato, lo chiamavano ‘don cipria’. Soprattutto, era un gran predicatore , severo quando veniva all’oratorio, quello femminile, in via Ceresole, durante il catechismo. Ci interrogava come se fossimo a scuola: Vangelo e preghiere, mica il Padre nostro e l’Ave Maria, quelle erano facili. No, il Salve Regina. Mi ricordo il giorno della Cresima, quinta elementare. Era giugno. Da poco ero stata operata di appendice. Quando arrivò il mio turno, attraversavo lenta la navata centrale della Cattedrale per via della ferita che tirava ancora un po’. Monsignor Boccazzi sapeva dell’operazione. Lo disse ad alta voce. Ci rimasi male. Fu, invece, il suo modo di giustificarmi. Quanti ricordi, in Cattedrale. La Confessione, a sette anni. E la frase ‘O Gesù d’amore acceso non ti avessi mai offeso. O mio caro buon Gesù con la tua santa grazia non ti voglio offender più perché ti amo sopra ogni cosa. Gesù mio, misericordia, perdonami’. Me la scrissi sul palmo della mano. Temevo di dimenticarla e di essere rimandata a settembre, addirittura per la Confessione. Scusate il disturbo.
