ANDALU’, PORTALO VIA
Ho letto che si chiama Conan il cane, pastore belga o tedesco, “utilizzato” dal comando statunitense in Siria nel blitz che ha portato alla morte del califfo Albaghdadi. A presentarlo al pubblico mondiale il solito Trump con i suoi capelli osceni color ‘pancia di cane che fugge’ (chiedo scusa agli amici cani per questa citazione, un ricordo del mio professore d’italiano del liceo..). Nella presentazione mi ha colpito la falsità degli elogi verso un povero cane che certo sarebbe stato più fortunato se il destino gli avesse donato un padrone vero rispettoso della sua natura e delle sue attitudini naturali. Già…la falsità degli elogi. Si può elogiare un cane se salva la vita a un bambino che sta annegando oppure se assiste con devozione un padrone cieco nel corso della sua vita sfortunata ma non certo se, a sua insaputa e rischiando la pelle, agisce in uno scenario di guerra per stanare un nemico. Si dirà che il califfo andava eliminato con qualsiasi mezzo ma nell’elogio a questo cane, peraltro rimasto ferito nel corso del blitz, c’è qualcosa che mi ripugna perché si è voluto costruire l’immagine mediatica di un improbabile piccolo eroe che eroe non è, bensì….vittima. La nostra società spesso dimentica il rispetto per gli animali, quasi fossero esseri viventi ai quali non lo sia sempre dovuto, al limite solo concesso magari temporaneamente. Il grado di civiltà del mondo in cui viviamo si misura anche da come ci rapportiamo con quelli che dovremmo considerare i nostri amici compagni di viaggio: gli animali domestici e selvatici. Ora qualcuno si ricorda di Angelo Lombardi che negli anni ’50 conduceva la trasmissione “L’amico degli animali?”. La Rai era agli albori e la sera, in bianco e nero, mandava in onda una trasmissione dedicata agli animali nella quale il sorridente Lombardi di volta in volta presentava una specie animale spesso esotica con uno stile un po’ a metà fra il safari e l’esibizione sensazionalistica di qualcosa molto distante dal mondo civilizzato. Faceva da assistente alla trasmissione un certo Andalù, un ascaro eritreo probabile lontano testimone delle colonie africane di epoca fascista. Finita la presentazione di un animale Lombardi chiamava Andalù perché lo portasse via. Di qui è rimasto impresso a molti telespettatori l’arrivo in scena del fido Andalù che diligentemente portava via dallo studio ora un serpente boa oppure uno scimpanzé irrequieto. Chissà perché ogni volta che mi trovo di fronte un Trump o altro suo simile che straparla attraverso i media mi viene da chiamare…Andalù, portalo via!.
