CRONACHE DAL FRONTE (PUNTATA N. 43)

CRONACHE DAL FRONTE (PUNTATA N. 43)

E’ iniziato il ramadan, il mese sacro dei musulmani. E il mio pensiero non può che andare ai tanti amici che sono impegnati nel digiuno rituale, dall’alba al tramonto. Per tutti loro il Ramadan non è un sacrificio – almeno così come lo si intende qui da noi – semmai è il mese della purificazione e della preghiera. L’ha descritto bene la mia amica e collega Asmae Dachan: “è un periodo in cui lavorare su sé stessi, controllando i propri istinti e cercando una riconciliazione con il proprio io, con la famiglia umana e soprattutto con il Creatore”. Buon Ramadan, dunque. Anzi, Ramadan kareem, che in arabo vuol dire: che anche questo Ramadan sia generoso. Ho vissuto anch’io tanti ramadan in giro per i Paesi che frequento e che amo. Ricordo con piacere gli innumerevoli inviti per l’iftar – il pasto con cui alla sera si spezza il digiuno – il sapore delizioso dei datteri e il profumo del latte, la grande generosità e la gentilezza nei gesti dei miei ospiti. Ricordo anche tutti i sigari fumati di nascosto e le bottigliette d’acqua infilate nello zaino e avvolte nella carta da giornale, per poter bere senza turbare il digiuno e senza offendere il mio autista e l’interprete; i quali, con spirito di sacrificio, restavano al mio fianco anche quando non era facile, con quaranta gradi all’ombra e senza poter mangiare e bere. Ricordo infine che nel mese di Ramadan il giorno e la notte si invertono. E la notte si prende la sua rivincita sul giorno. Le strade infatti si fanno sonnacchiose con la luce e si animano invece col buio, fino alle ore piccole. Molti negozi aprono dopo il tramonto, la gente si riversa fuori dalle case, ovunque ci sono lunghe tavolate in pubblico e si sentono tintinnare di continuo le piccole tazze riempite di tea. Credetemi, il Ramadan è un’esperienza unica, ricca di significati e di insegnamenti, anche per noi che non siamo musulmani. Mi ricordo di Ramadan passati sulle piste polverose del Ciad con il mio autista stremato dalla fatica che si fermava a pregare in mezzo al nulla, riparandosi dal sole a picco sotto l’ombra della jeep. E poi di lunghe notti insonni a Tripoli, in Libia, perché i miei interlocutori mi fissavano le interviste alle ore piccole, verso le due o le tre, mentre la mattina in albergo non c’era nessuno sveglio che potesse prepararmi la colazione. E che dire dei tanti ramadan insanguinati dalla guerra – in Iraq, in Siria, in Somalia – con i mercati colpiti dalle bombe e le auto imbottite di esplosivo, a ricordare ai civili che la ferocia non ha limiti né conosce pause nemmeno per pregare ? Ne ho fatti tanti, di ramadan, ognuno diverso dall’altro, tutti da portarsi dentro.. Ieri, pensando al Ramadan, mi è tornata in mente una delle frasi più stupide che siano mai state pronunciate sui musulmani. “Sono solo dei barbari. che invece di lavorare e contribuire al miglioramento dell’umanità se ne stanno col sedere per aria a pregare cinque volte al giorno”. E’ di Oriana Fallaci, che pure è stata una grande giornalista, forse la più grande. Accecata però dall’odio, almeno nell’ultima fase della sua vita, un odio non solo ingiustificato ma ingiustificabile, che ha fatto tanti danni non solo al dialogo fra le religioni ma alla pacifica convivenza fra i popoli. Ma non è di questo che voglio parlare. Trovo sia più importante ricordare che questo è un Ramadan del tutto inedito, che dovrà essere vissuto nell’intimità delle famiglie, con una maggiore auto-disciplina e senza ahimè la convivialità e la condivisione che in genere lo caratterizza. Un pensiero andrà, immagino, alle tante vittime di questo virus, che non distingue fra razze e religioni. Il mio pensiero lo dedico al povero Iyad Aldaqre, un ragazzo di 32 anni, siriano, morto a Piacenza alla fine di marzo. E’ stata una delle vittime più giovani, qui in Italia. E il cordoglio per la sua scomparsa è stato così forte, così unanime, che il sindaco ha deciso di creare uno spazio apposito nel cimitero comunale per seppellire i defunti di fede islamica. Grazie sindaco. Hai fatto la cosa giusta.