RICCARDO ARENA, DIRETTORE DI RADIO CARCERE: “LA SITUAZIONE DELLE NOSTRE CARCERI È DRAMMATICA”
“Bisogna avere un approccio dinamico e non statico sia sul fronte del processo penale che sul fronte delle pene, perché bisogna essere in grado di cogliere le differenze tra possibilità sanzionatorie, detentive e rieducative. Anche a parità di reati, le persone sono diverse e come tali, se colpevoli, devono essere punite in maniera diversa”. A spiegarlo Riccardo Arena, direttore di Radio Carcere, in onda su radio Radicale.“Un approccio flessibile e non statico al problema, dunque. Un approccio che dovrebbe cominciare dal processo penale prevedendo che il giudice di primo grado possa infliggere pene diverse da carcere e ammenda. Pene diverse, ivi comprese le misure alternative, che potrebbero essere esecutive in primo grado anche se non definitive. Un criterio che dovrebbe essere principio ispiratore anche per la detenzione. Oggi il sistema è statico e costosissimo. Non a caso le nuove carceri realizzate ultimamente, sono tutte uguali e non sembrano contenere una progettualità sul modello detentivo che si vuole attuare. Ora, è indubbio che gran parte delle nostre carceri sono vecchie e che devono essere dismesse. Ma credo che, più che carceri nuove, servano carceri diverse. Ovvero strutture detentive diversificate tra loro a seconda della persona che deve scontare la pena. Penso ad esempio a “carceri comunità” per chi è tossicodipendente; a “carceri laboratori” per chi vuole lavorare o vuole imparare un lavoro; e penso a una sorta di “alberghi sicuri” per chi in misura cautelare attende un primo giudizio e non è particolarmente pericoloso. D’altra parte esistono già strutture diversificate. Penso a Bollate dove gran parte dei detenuti lavora; o penso al carcere di Eboli che è specializzato per il trattamento delle tossicodipendenze. Strutture nate anni fa come esperimenti, che danno ottimi risultati ma che restano esperimenti. Perché?”In fondo la differenziazione della pena era uno dei principi ispiratori di una legge che è ancora in vigore, la legge Gozzini…“In Italia si fanno leggi bellissime che però non vengono attuate. Sarà un bel giorno quello in cui la politica, invece di proporre l’ennesima riforma, si concentrerà sull’applicazione della legge corrente. La legge Gozzini è una legge illuminata e ancora attuale. Il fatto è che, anche se viene sbandierata nei convegni, nella realtà delle carceri è rimasta lettera morta ed è in gran parte inapplicata. Una patologia questa che tutta italiana: fare leggi all’avanguardia (promossa più di 30 anni fa) per poi non applicarle”.Quale è la situazione nelle carceri italiane?“Drammatica e in peggioramento. E se non ci sarà una seria presa di coscienza del problema carceri, se non si sapranno individuare soluzioni concrete, il domani sarà con ogni probabilità peggiore dell’oggi”.60 mila persone detenute oltre 10 mila sopra il numero prefissato…“Beh in verità il sovraffollamento è ancora più alto. Infatti, su 50 mila posti regolamentari, circa 4.500 sono inutilizzabili, come confermato dal Capo del Dap Francesco Basentini. Con la conseguenza che oggi abbiamo oltre 14 mila detenuti in più. Un dato gravissimo visto che in molte celle si vive in 4, in 5 e fino a 9 detenuti ammassati uno su l’altro. Ma non solo. Siccome molte delle nostre carceri sono vecchie e risalgono ai primi del Novecento, dell’Ottocento o addirittura del Seicento, oggi le persone detenute vivono, non solo nel sovraffollamento, ma in luoghi osceni e malsani senza poter avere alcuna possibilità di reinserimento, che prevede la legge”.Puoi individuare una relazione tra aumento dei reati e aumento della popolazione carceraria?“Direi di no, visto che dalle ultime statistiche emerge che i reati appaiono essere in calo. Ciò che invece colpisce è l’intera gestione del sistema; visto l’alto numero di persone detenute in attesa di un primo giudizio, che sono 10 mila e 260, e lo scarso ricorso alla misure alternative. Come dire: anche se i reati sono in calo, nelle carceri si registrano troppe entrate e poche uscite… forse “qualcuno” dovrebbe farsi una domanda”.E credi vi sia una relazione tra il giustizialismo (con l’introduzione di tutta una serie di nuovi reati e aggravamento delle pene) e l’aumento della popolazione carceraria?“Non vedo questo nesso. Credo invece che l’aumento della popolazione detenuta sia più da attribuirsi a una pessima, per non dire fallimentare, gestione del sistema processuale, sanzionatorio e trattamentale”.Cosa è cambiato nella classe dirigente politica nel loro modo di guardare al carcere?“Poco. Si è passati da una promessa tradita, quella del precedente Governo, che ha affossato la riforma penitenziaria, a un programma dell’attuale Governo che appare nebuloso e di difficile comprensione”.L’Italia purtroppo non ha il monopolio europeo del sovraffollamento carcerario…“Vero ma in altri paesi, come la Spagna, si sono posti concretamente il problema, lo hanno affrontato e ora, dopo un po’ di anni, stanno raccogliendo i frutti. Noi invece il problema non ce lo poniamo affatto se non per slogan. Il che mi sembra un modo di affrontare il problema assai diverso”.C’è qualche trend che possa considerarsi in miglioramento. C’è qualcosa che ha cominciato a funzionare?“No. Tutto peggiora. E se non ci sarà una seria presa di coscienza del problema carceri, se non si sapranno individuare soluzioni concrete, il domani sarà peggiore dell’oggi”.E la funzione rieducativa?“Oggi nella maggior parte delle carceri la funzione rieducativa della pena prevista dalla Costituzione non esiste. E di conseguenza, in barba alla nostra sicurezza, le persone detenute escono dalle carceri peggiori e non migliori rispetto a quando sono entrate. O, nell’ipotesi migliore, escono terrorizzati dal trattamento criminale inflitto dallo Stato. Una realtà distante anni luce da ciò che prevede la Costituzione e la legge ordinaria. Il tutto alla modica cifra di 3 miliardi di euro all’anno. Ti sembra sensato?”
