ALTRO CHE DISCRIMINAZIONE AI DISABILI. LA SCUOLA DEVE ESSERE UNA PALESTRA DI VITA
Ho avuto una professoressa di greco speciale, morta troppo presto.Era una donna severa, come del resto è la materia. Il suo primo sorriso lo incassai anni dopo, quando tornai a scuola in veste istituzionale e mi presentò ai suoi alunni con un orgoglio che ripagò di tutti i cagotti che collezionai fra quegli stessi banchi.Mi insegnò il potere della parola, a leggere fra le righe, a contestualizzare storie apparentemente lontane e a ritrovarle nel vissuto quotidiano.La mia tesi di maturità fu sulla menzogna. In pratica lavorammo sulle fake news dei tempi andati, dalla genesi del testo sacro agli anni della guerra passando per l’arte e la scienza.A mia madre, a lei e al mio professore di storia e filosofia che mi permise di portare articoli di giornale alle interrogazioni a supporto dei libri, devo la mia educazione alle diversità.Me ne sono accorta dopo, del potere della buona scuola, quella vera. I frutti di certe fortune si raccolgono quando si ha la maturità per apprezzarle. Quando ho letto la notizia della scuola romana che ha fatto vanto dell’assenza di stranieri, poveri e disabili, ho pensato alla fortuna che ho avuto nel crescere fra i banchi di una scuola pubblica e laica in cui si intrecciavano vite di città e di paese, privilegi e difficoltà. Difficoltà che a volte si traducevano nel non avere una seconda penna a disposizione quando la prima non scriveva più. E accanto c’era chi ne prestava una, che poi finiva per essere un regalo.Erano ponti, quelle penne prestate, quelle pagine di quaderno strappate, quelle storie raccontate nei bagni da chi viveva gravidanze inaspettate e dinamiche famigliari complicate.Era un ponte la ricerca di un passaggio agevole e a norma per chi, a differenza tua, non poteva prendere le scale che erano barriere, ostacoli. La scuola è palestra di vita, sapere che quei ragazzi non avranno l’opportunità di “allenarsi” è una grossa perdita per il futuro del Paese, oltre che per loro stessi.
